Pubblicato il: 10/01/2019 alle 10:36
Sarà l’armonia, «in un Paese fortemente disarmonico», la cifra distintiva del prossimo festival di Sanremo (5-9 febbraio). Parola del direttore – autoproclamatosi anche un po' dirottatore – artistico Claudio Baglioni, pronto al bis dopo il successo dell’anno scorso che fa sperare alla Rai di ottenere un +5% di introiti pubblicitari. Armonia, a partire già dal numero dell’edizione: la 69/a. Una sorta di logo che «richiama la simmetria del sincronismo, lo yin e lo yang. Armonia come risultato, come approdo, come percorso per avvicinare gli opposti». E in questa direzione è andata anche la scelta dei suoi partner sul palco: fratello Sole, Claudio Bisio, e sorella Luna, Virginia Raffaele.
Un’armonia che, però, non può prescindere da quello che succede fuori dal Teatro Ariston e che costa a Baglioni una querelle via social con il ministro dell’Interno Matteo Salvini che non gradisce le parole sulla vicenda migranti.
«L'Italia è un Paese incattivito, dove consideriamo pericoloso il diverso da noi e guardiamo con sospetto anche la nostra stessa ombra – dice Baglioni -. Le misure prese dall’attuale governo, come i precedenti, non sono all’altezza della situazione. Se la questione fosse stata presa in considerazione anni fa, non si sarebbe arrivati a questo punto», sottolinea il cantautore, per dieci anni anima di O'Scià, la manifestazione che si teneva a Lampedusa per sensibilizzare sui temi della migrazione.
Via Twitter arriva la risposta piccata del ministro: «Canta che ti passa, lascia che di sicurezza, immigrazione e terrorismo si occupi chi ha il diritto e il dovere di farlo».
«Se non fosse drammatica la situazione di oggi, ci sarebbe da ridere – afferma Baglioni -: ci sono milioni di persone in movimento, non si può pensare di risolvere il problema evitando lo sbarco di 40-50 persone, siamo alla farsa». E a 30 anni dalla caduta del muro di Berlino, «i muri li stiamo ricostruendo, anzi non li abbiamo mai abbattuti».
In questo contesto, però, the show must go on e al festival di Sanremo, promette il direttore artistico, «ci attaccheremo all’idea del divertimento, della leggerezza e del correrci incontro, come fanno tutti gli eserciti di buona volontà. I fanti sono altri, gli artisti possono essere almeno i trombettieri di qualche buona battaglia». E allora largo allo spettacolo, che avrà la regia di Duccio Forzano e scenografie disegnate da Francesca Montinaro, con qualche nome che ora trova conferma.
«Ci saranno Andrea Bocelli con il figlio, Giorgia ed Elisa. Almeno due ospiti cantanti a serata», annuncia il dirottatore ex dittatore che avrebbe invitato anche Eros Ramazzotti, Marco Mengoni, Laura Pausini con Biagio Antonacci, Raf e Umberto Tozzi, Ligabue. E dopo l’esperienza di Sanremo Giovani, tornano anche Pippo Baudo e Fabio Rovazzi. «Ho proposto di fare con loro Pippo, Pluto e Paperino, ma non so se andrà in porto».
Con Virginia Raffaele e Claudio Bisio in squadra, la quota comici potrebbe essere già al completo, «non vorrei che si arrabbiassero». Anche se uno spazio aperto rimane per Checco Zalone, «se torna in tempo dal Kenya dove sta girando un film».
L'idea sarebbe quella di avere una presenza fissa a sera: «siamo un trio e potremmo diventare un quartetto. Come il quartetto Cetra». Oltre a Zalone, in odore di quartetto ci potrebbero essere Beppe Fiorello e Paola Cortellesi. Non è escluso un passaggio dell’amico Gianni Morandi.
Ospiti, comunque, tutti rigorosamente italiani, «perché il festival è internazionale per se stesso e non ha bisogno di 'figurinè che prendono e non portano qualcosa», spiega Baglioni che continua nella linea già proposta lo scorso anno quando Sting e James Taylor arrivarono per cantare in italiano. Rivendica poi il diritto di aver scelto «22 proposte musicali che raccontano il Paese. Una lista opinabile, ma l’infallibilità non esiste», sottolinea, rimandando al mittente le accuse che gli sono piovute addosso dal web sull'esclusione del brano sulla pedofilia scritto da Pier Davide Carone: «Non c'è stata nessuna censura. Mi è costato dire di no». (ANSA)