Pubblicato il: 22/02/2020 alle 19:09
Tornano all’antico colore chiaro le specchiature della facciata della chiesa di S. Agata in Collegio. Con sentenza n. 349 del 17 gennaio 2020, la Corte d’Appello di Catania, lo ha stabilito in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione.
La vicenda risale al lontano 1995, quando don Antonio Giliberto, parroco di S. Agata, si opponeva ai lavori di restauro, per la parte relativa alle specchiature esterne della Chiesa di S. Agata, che l'Assessorato Regionale stava eseguendo motu proprio in colore rosso, in luogo del preesistente colore chiaro. E ciò in difformità delle regole e delle tradizioni culturali e costruttive della Compagnia di Gesù, che imponevano il colore bianco, ed in difformità, anche del parere espresso dal Consiglio Regionale dei Beni Culturali.
La vicenda giudiziaria si è dipanata in questi anni con sentenze che sia in Tribunale sia, ora, in Corte d’Appello con la sentenza di questi giorni, sono state sempre favorevoli alle ragioni della storia e della tradizione culturale e liturgica avanzate dai parroci che, negli anni, si erano succeduti alla guida della parrocchia S. Agata, fino all’attuale padre Sergio Kalizak.
La recente sentenza «condanna l’Assessorato Regionale per i Beni Culturali ed Ambientali al ripristino della coloritura chiara preesistente, autorizzando la parrocchia alla esecuzione delle suddette opere di ripristino a spese dell’Assessorato, ove lo stesso non vi abbia provveduto nel termine di tre mesi».
A presto, quindi, si dovrà tornare all’antico colore della facciata della chiesa di S. Agata, una delle più antiche e prestigiose della città risalente al 1589, capolavoro dell’arte barocca e riferimento storico fondamentale per la presenza dei Gesuiti e delle loro istituzioni culturali (il Collegio annesso a S. Agata era l’unico collegio gesuitico nell’entroterra siciliano).
La determinazione serena e tenace dei parroci di S. Agata dopo 25 anni ha prodotto il doveroso riconoscimento, in sede giudiziaria, delle ragioni della cultura e della storia a fronte di un maldestro decisionismo che ha caratterizzato l’operato degli organi regionali.