Pubblicato il: 19/04/2020 alle 09:52
La quarantena nella quale il nostro paese è stato confinato da quaranta giorni ha provato pesantemente tanti aspetti della nostra vita: il lavoro, la disponibilità economica, i rapporti sociali, i rapporti familiari e soprattutto il nostro equilibrio interiore, dal quale parte il nostro modo di relazionarsi con il mondo.
I primi giorni c’era un certo entusiasmo nell’affrontare questa esperienza nuova nella quale qualcuno ci aveva paragonato con la generazione che aveva vissuto l’ultima guerra: si diceva che i nostri nonni erano sotto le bombe senza nulla e noi siamo a casa con cibo e internet a volontà.
È vero, ma non possiamo negare che le generazioni recenti hanno diversi orizzonti e diverse abitudini che sono state il frutto di una enorme crescita sociale, economica e culturale: per cui ora soffriamo l’isolamento e le limitazioni di questa vicenda.
In un primo momento i social erano pieni di arcobaleni, applausi ai sanitari, musica, poesia, letture e tanti altri modi di sentirsi più vicini nella distanza fisica imposta dalla contingenza.
Adesso, invece, prevalgono stanchezza e scoraggiamento perché i problemi della pandemia si stanno manifestando in tutta la loro gravità: la nostra economia sta uscendo flagellata dal virus e le stime sul PIL sono drammatiche e preludono a molti anni di crisi.
L’ultimo prolungamento della quarantena porta alla data del 4 maggio, quando si dovrebbe riprendere, con le dovute cautele, la vita di sempre, sia pure senza alcuni pezzi importanti: per ristoranti, bar, cinema, teatri, palestre e discoteche il tempo della riapertura sembra ancora lontano.
Intanto la crisi morde i lavoratori autonomi, che hanno dovuto chiudere le loro attività: non voglio essere polemico, ma il governo nazionale ha promesso aiuti che non sono ancora arrivati e rischiano di perdersi nelle maglie della burocrazia, che con gli uffici finanziari è incredibilmente rimasta attiva.
Sono pezzi della Pubblica Amministrazione che remano contro un paese che cura 160.000 malati e piange 22.000 morti e che il prossimo governo dovrà drasticamente ridimensionare quando dovrà mettere mano alla ricostruzione, che sarà lunga e faticosa.
Anche il mondo scientifico non rende certezze: tanti virologi, che affollano media e social, sostengono posizioni molto diverse e spesso estreme, con la conseguenza che noi cittadini non sappiamo a chi credere e ci sentiamo insicuri e fragili.
Personalmente credo a quello che afferma il Prof. Giulio Tarro, che fu allievo di Albert Sabin, il quale ritiene che il peggio sia passato e prevede che in poche settimane si potrà ritornare alla normalità.
In Sicilia la situazione è un po’ diversa: non abbiamo subito la grave diffusione del contagio che ha colpito i nostri fratelli lombardi o veneti e possiamo sperare che il caldo in arrivo e la fisiologica parabola del virus allentino di molto la presa.
In più il Governo regionale ha stanziato cento milioni di euro per le imprese, ha stipulato accordi con le banche, specialmente quelle locali, che sono più attente alla realtà in cui operano rispetto ai colossi del profitto e dei numeri, e tratta costantemente con il governo nazionale per ottenere quei benefici che, statuto regionale e norme alla mano, spettano alla nostra terra malgrado la finta indifferenza della politica romana.
Per questa ragione dobbiamo dire con forza che qui è possibile ripartire prima che in altre regioni e che non ci possiamo permettere ulteriori ritardi perché siamo meno ricchi e meno avvantaggiati.
Riaprire e ripartire, con guanti e mascherine, con la distanza sociale e con ogni prudenza del caso, è indispensabile e indifferibile: ci sarà qualche rischio, come in tutte le vicende della vita, ma abbiamo il dovere di provarci e di essere ottimisti.
In questo modo dobbiamo tutelare la nostra vita sociale, il nostro lavoro, il nostro benessere e soprattutto le generazioni future, verso le quali abbiamo molte colpe e non possiamo aggiungere quella di fare loro vedere che affrontiamo le sfide presenti e future senza coraggio e senza ragione. Antonio Campione