Pubblicato il: 19/04/2020 alle 20:43
«In Rianimazione sentivo l’accento siciliano, ma pensavo a qualche medico emigrato. Mi dicevano che ero a Palermo, ma pensavo scherzassero. Qui mi hanno resuscitato. Ci sono infermieri e medici speciali». Così Ettore Consonni, 61 anni, magazziniere in pensione, colpito dal coronavirus e trasferito all’ospedale Civico di Palermo per mancanza di posti in Lombardia.
Sulle pagine dell’edizione di Palermo di Repubblica racconta: «Non è vero che ci sono solo cose negative al Sud. Questo ospedale è all’avanguardia, fiore all’occhiello della sanità di tutta l’Italia. Guardo gli infermieri e mi chiedo chi glielo fa fare di rischiare la vita. Mi tatuerò la Sicilia sul petto".
Dopo 23 giorni di Terapia intensiva è stato trasferito nel reparto di Malattie infettive e il suo tampone è risultato negativo due volte. E’ ufficialmente guarito, ma è stata dura anche se «Dio e la famiglia mi hanno dato la forza. A settembre si sposa la mia figlia minore, Paola. Quando mi ha chiamato mi ha detto: "Papà non farmi scherzi, devi portarmi all’altare"».
Poi promette: «Non appena finisce tutta questa storia, voglio organizzare un viaggio con i miei figli e mia moglie a Palermo. Non siamo mai stati in Sicilia».