Pubblicato il: 04/06/2020 alle 15:50
Un succo di frutta, una coca o un caffè, qualche volta un cornetto. Dal bar Lumiere, in via Arco Alessi, Adnan Siddique, il ragazzo pakistano ucciso ieri sera a coltellate, ci passava quasi ogni giorno. E con il suo carattere limpido, educato, gentile, si era fatto subito amare dai proprietari: Gianpiero Di Giugno, la moglie Piera e il figlio Erik. Tanto che a volte lo avevano anche invitato a pranzo da loro. "Non veniva mai a mani vuote – racconta Piera – una volta mi ha portato due bottiglie di vino, un'altra volta dei contenitori, e in un'altra occasione ancora una pietanza tipica pakistana. La trovai troppo piccante – dice Piera sorridendo, ma con gli occhi velati di tristezza – e allora lui me ne riportò un'altra in una versione meno piccante". Una famiglia per bene quella dei Di Giugno che aveva ascoltato speranze, sogni ma anche le paure del povero ragazzo che ieri è stato letteralmente massacrato con almeno quattro fendenti, al costato e alla spalla. Pare che il ragazzo in passato avesse già presentato delle denunce contro qualche connazionale che non voleva saperne di lasciarlo in pace. "Una volta è stato pure in ospedale – racconta la famiglia Di Giugno – lo avevano picchiato in via Palermo. Adnan era un bravo ragazzo, non beveva, non aveva alcun vizio, e non tollerava che qualche suo connazionale si ubriacasse o facesse atti di vandalismo. Erano cose che lo facevano vergognare. Forse questo gruppetto se lo è messo sul naso proprio per la sua onestà o magari aveva denunciato qualcuno che spacciava e avevano immaginato che fosse stato lui. Lavorava con le macchine tessili e nel suo lavoro era molto bravo e quindi anche stimato. Il suo sogno – dice Erik – era quello di acquistare una Bmw, me ne aveva anche parlato". Sogni che sono stati infranti ad appena 5 anni dall'arrivo di Adnan in Italia. A raccontare delle paure del giovane anche un suo connazionale Jaral Shehryar, 32 anni, titolare di una bancarella di frutta e verdura al mercato della Strata 'a Foglia. "Lui era bravissimo – dice Jaral – gentile e buono, quelli che lo hanno ucciso no. Si ubriacavano spesso. Qualche volta andavano a lavorare nelle campagne ma poi passavano il tempo ad ubriacarsi e fare baldoria". Adesso su quanto è accaduto dovranno far luce i carabinieri dei Nuclei Operativo e Radiomobile di Caltanissetta che stanno indagando sul brutale omicidio. Intanto sono stati fermati per omicidio aggravato due connazionali di Adnan, trovati con i vestiti ancora inzuppati di sangue e un altro pakistano, quello che li avrebbe fatti rifugiare nella sua casa di via Fornaia subito dopo il delitto, è stato arrestato per favoreggiamento. Il movente non è ancora chiaro ma diverse piste sono al vaglio degli investigatori. Certo a coloro i quali conoscevano Adnan non è sfuggita quella preoccupazione per gli atteggiamenti dei suoi aggressori. Una comunità numerosa quella di pakistani a Caltanissetta. Circa 600 in tutta la provincia. E in tema di stranieri i proprietari del bar Lumiere non hanno dubbi. "La stragrande maggioranza sono persone perbene – spiega la famiglia Di Giugno – pagano, consumano le loro cose nel loro tavolo e senza disturbare. Non facciamone una questione di razzismo. Sono ragazzi come i nostri figli, in cerca di un futuro. Purtroppo tra di loro c'è qualche mela marcia ma questo accade ovunque e tra persone di qualsiasi nazionalità. Oggi – dice Piera – posso dirvi che è come se stessi piangendo un figlio. Per lui ero la madre che non vedeva da 5 anni". Sul corpo del giovane è stata disposta dal pm di turno l'autopsia che sarà eseguita sabato mattina dal medico legale Cataldo Raffino. (Foto Seguo News)