Pubblicato il: 26/06/2020 alle 12:01
Gli appena 285,66 euro al mese, che la legge prevede per le persone totalmente inabili al lavoro a causa di gravi disabilità, “non sono sufficienti a soddisfare i bisogni primari della vita” e quindi viene “violato il diritto al mantenimento, che la Costituzione all’articolo 38 garantisce agli inabili”. E’ quanto ha stabilito la Corte Costituzionale.
In attesa del deposito della sentenza, previsto nelle prossime settimane, con le motivazioni relative alla decisione dei giudici costituzionali, dal palazzo della Consulta si riferisce che “il caso che ha dato origine alla presente decisione riguarda una persona affetta da tetraplegia spastica neonatale, incapace di svolgere i più elementari atti quotidiani della vita e di comunicare con l’esterno”.
La Corte Costituzionale ha ritenuto che un assegno mensile di soli 285,66 euro sia “manifestamente inadeguato a garantire a persone totalmente inabili al lavoro i mezzi necessari per vivere e perciò violi il diritto riconosciuto dall’articolo 38 della Costituzione, secondo cui ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale”.
Da parte della Corte Costituzionale, viene affermato che il cosiddetto ‘incremento al milione’ con riferimento alle lire, pari a 516,46 euro, da tempo riconosciuto per vari trattamenti pensionistici dalla legge numero 448 del 2011, “debba essere assicurato agli invalidi civili totali” di cui parla la legge 118 del 1971, “senza attendere il raggiungimento del 60° anno di età, attualmente previsto dalla legge”. Di conseguenza, “questo incremento dovrà d’ora in poi essere erogato a tutti gli invalidi civili totali che abbiano compiuto i 18 anni e che non godano in particolare di redditi su base annua pari o superiori a 6.713,98 euro”.
La Consulta ha stabilito che questa pronuncia “non avrà effetto retroattivo e dovrà applicarsi soltanto per il futuro”, a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza sulla ‘Gazzetta Ufficiale’.
Resta ferma “la possibilità per il legislatore di rimodulare la disciplina delle misure assistenziali vigenti, purché idonee a garantire agli invalidi civili totali l’effettività dei diritti loro riconosciuti dalla Costituzione”.