Pubblicato il: 10/07/2020 alle 13:26
“A Santa Caterina c'era un’sistema affaristico corruttivo e concussivo al cui capo c’era il sindaco che con la collaborazione di altri fedelissimi amministratori da lui stesso nominati, per anni hanno gestito la cosa pubblica in maniera familistica e quasi medievale”. E’ quanto ha affermato il comandante provinciale dei carabinieri di Caltanissetta, il colonnello Baldassare Daidone, a margine dell’operazione “Cerbero” nell’ambito della quale sono stati arrestati il sindaco e due assessori del comune di Santa Caterina. “Lavoravano – ha aggiunto il colonnello – solo gli imprenditori amici attraverso gli appalti che venivano assegnati con il cosiddetto sistema <sotto soglia> e cioè inferiori ai 40 mila euro o mediante la somma urgenza. In occasione dell’emergenza neve, scattata nei primi giorni del gennaio 2019, il sindaco si è rivolto ad un’impresa che dopo quaranta giorni ha presentato il conto. Non è modo di procedere. Il sindaco, in carica da tre mandati, ha un carattere forte e chi osava mettersi contro di lui veniva messo all’angolo, emarginato. L’inchiesta è nata dall’operazione <Pandora>, nel corso della quale abbiamo scoperto delle infiltrazioni mafiose al comune di San Cataldo. Sequestrando alcuni documenti ad un imprenditore di San Cataldo siamo arrivati fino a Santa Caterina”.
“Questo sistema – ha aggiunto il maggiore della Guardia di Finanza di Caltanissetta, Salvatore Seddio – andava avanti almeno dal 2017. Un malcostume emerso da un’inchiesta che ha interessato San Cataldo. A Santa Caterina, per l’assegnazione degli appalti, c’era una sorta di gestione feudale del comune di Santa Caterina per gli appalti. Sindaco e vice sindaco facevano parte di una associazione a delinquere finalizzata ad una serie di reati contro la pubblica amministrazione come corruzione, concussione e turbativa d’asta”.