Pubblicato il: 28/01/2016 alle 10:35
Martà Molé 21 anni appena compiuti, durante la manifestazione #Svegliatitalia che si è svolta in Piazza Falcone Borsellino lo scorso 23 gennaio, ha trovato il coraggio di prendere il microfono, vincere la sua timidezza, e leggere davanti a tutti una lettera dedicata a un suo possibile futuro figlio.
La manifestazione nissena, così come quella svolta con differenti modalità in circa 100 piazze italiane, desiderava accendere i riflettori sulle unioni civili e i diritti non ancora legalmente riconosciuti per le coppie omosessuali.
Il Paese, secondo il parere di coloro i quali combattono quella che ormai può essere definita una battaglia, deve “svegliarsi” e osservare lo status quo, cioè la realtà “di fatto” che ci circonda. Un monito, dunque, non soltanto al legislatore che in questi giorni sta valutando il ddl Cirinnà ma anche ai cittadini. La questione in oggetto, infatti, non riguarda soltanto la legalizzazione civile di un’unione tra due persone dello stesso sesso ma punta a trasformare la “coppia” in “famiglia” e avere la possibilità di adottare un figlio a prescindere che questo sia geneticamente del partner o, invece, procreato da altri.
Una possibilità fortemente contestata durante le manifestazioni del “Family Day” (la prossima si svolgerà a Roma sabato 30 gennaio) che chiedono di mettere in primo piano i diritti dei bambini prima di quelli degli adulti e garantire loro la possibilità di essere accolti, cresciuti e amati da un padre (maschio) e una madre (femmina).
Marta, invece, non accetta le possibili limitazioni che dovrà subire il suo amore materno, non condivide i divieti imposti dal legislatore e le regole che, invece di spianare la strada della sua vita – e di quella di tutte le coppie omosessuali – piombano come un macigno e la ostacolano. Ed è per questo che ha scelto di condividere un suo momento intimo e privato davanti a tutti.
A seguire il testo integrale della lettera:
Caro figlio mio, ti scrivo per chiederti scusa. Scusa se quando starai male, o vorrai evitare un’interrogazione, non potrò venirti a prendere. Scusa se non potrò venire con te quando la mamma starà male. Scusa se non potrò firmarti l’autorizzazione per andare alla gita che tanto aspettavi. Scusa se non potrò farti iscrivere in quella squadra in cui sognavi tanto di andare. Scusa se quando starai male non potrò essere lì accanto a tenerti la mano.
Scusami per tutto.
Però devi sapere, amore mio, che viviamo in un Paese dove il politico ladro che si diverte con le bambine può essere padre; un genitore che violenta il proprio figlio o lo maltratta per la legge può essere un genitore; un alcolizzato che torna a casa e si chiude in stanza senza nemmeno salutare i propri figli, eh sì… anche quello può essere un genitore. Ed io invece, una donna che ha solo seguito il suo cuore, amando un’altra donna, per te sono e continuerò ad essere tua mamma, ma per la legge non sono nessuno.
Io chiedo solo che mi sia dato il dono più grande che secondo me la vita possa darci: la possibilità di scegliere. E’ inumano che non sia data ad una persona la possibilità di farsi una famiglia; inumano strappare via il figlio ad una persona dopo la morte dell’altro genitore. E’ inumano il Paese in cui viviamo. Ma figlio mio sono io a chiederti scusa, perché nessuno di loro lo farà mai.
Resto sempre nella speranza di non doverti mai leggere questa lettera un giorno e di poterti dire, semplicemente, “ti voglio bene figlio mio”.