Pubblicato il: 15/12/2020 alle 13:46
Cinque condanne e un’assoluzione chieste dal pm della Dda Pasquale Pacifico per gli imputati finiti nei guai dopo il loro coinvolgimento nell’inchiesta dei carabinieri “Pandora”, con cui venne fatta luce su una serie di presunte irregolarità nella gestione degli appalti al Comune di San Cataldo. Un mix di accuse contestate a vario titolo che
riguardano la corruzione e la turbativa d’asta fino al favoreggiamento e la rivelazione di segreto d’ufficio.
Il rappresentante dell’accusa ha chiesto al gup David Salvucci la condanna a 7 anni e 8 mesi per maresciallo dei carabinieri Domenico Terenzio, 53 anni, (difeso dall’avvocato Boris Pastorello) accusato di favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio con l’aggravante mafiosa. Secondo gli inquirenti Terenzio avrebbe fornito notizie
riservate a un esponente della mafia di San Cataldo.
Analizzando le varie posizioni il pm Pacifico ha poi chiesto 6 anni per Liborio Lipari, sancataldese di 39 anni (difeso dagli avvocati Salvatore Pirrello e Federica Laverde), 5 anni per Cataldo Medico, 68 anni, di San Cataldo, (assistito dall’avvocato Boris Pastorello), 4 anni e 4 mesi a testa per Alfonso Gaetano Ippolito, 53 anni, di Santa
Caterina Villarmosa (difeso dall’avvocato Giuseppe Dacquì) e Salvatore Schifano, 57 anni (di San Cataldo, difeso dall’avvocato Giacomo Vitello), e l’assoluzione con formula dubitativa per il sancataldese Luigi Palermo, 56 anni (difeso dall’avvocato Gianluca Amico). Secondo l’accusa sarebbe stato messo in piedi un vero e proprio sistema per favorire alcune ditte nell’aggiudicazione degli appalti, in particolare quelli legati alla raccolta rifiuti. Il processo “Pandora” si è diviso in diversi tronconi; attualmente ne risultano pendenti altri due con altre persone imputate, compresa una tranche che riguarda le accuse sull’attività della cosca mafiosa sancataldese.
Nel processo è parte civile l’associazione “Attivarcinsieme”, alla quale il Comune di San Cataldo aveva concesso l’utilizzo di un bene confiscato alla mafia in via Babbaurra come centro studi su questioni di mafia illegalità. Ad assistere l’associazione gli avvocati Salvatore Falzone ed Antonino Falzone, i quali si sono associati alle
richieste di condanna della Procura, avanzando richiesta di risarcimento. A gennaio si tornerà in aula per la discussione dei difensori degli imputati. (Vincenzo Pane, La Sicilia)