“A Gela abbiamo 500 leoni” dicevano in una intercettazione telefonica finita per caso, prima nelle mani dei magistrati gelesi e poi in quelle della Dda di Caltanissetta e della Squadra Mobile nissena che ha condotto le indagini. A parlare era uno dei fratelli Di Giacomo, il quale si vantava del fatto che disponevano di una gran quantità di uomini, un vero e proprio esercito composto da 500 stiddari e che stavano per riorganizzare il clan. Ma nel settembre 2019 il clan è stato sgominato nell’ambito del blitz “Stella Cadente” e adesso sono arrivate anche le prime condanne. 16 i presunti mafiosi condannati dal Gup del tribunale di Caltanissetta nel processo di primo grado.
La condanna più pesante è stata inflitta a Bruno Di Giacomo 22 anni e 1 mese; Giuseppe Antonuccio 5 anni e 11 mesi; Giuseppe Alessandro Antonuccio 9 anni e mezzo; Giovanni Canotto 4 anni; Luigi D’Antoni 2 anni e 4 mesi; Giuseppe Giaquinta 6 anni e mezzo; Calogero Infurna 2 anni e 8 mesi; Emanuele Lauretta 12 anni e 2 mesi; Rosario Marchese e Gaetano Simone 5 anni e 11 mesi ciascuno; Gaetano Marino 13 anni e 8 mesi; Gianluca Parisi 9 anni e 2 mesi; Nicola Palena 4 anni e 5 mesi; Andrea Romano e Filippo Scerra 9 anni e 2 mesi ciascuno; Alessandro Scilio 14 anni. A sostenere l’accusa in aula il Pm Matteo Campagnaro.
A costituirsi parte civile il Comune di Gela, l’associazione antiracket Gaetano Giordano, la Cgil e diversi imprenditori taglieggiati difesi dagli avvocati Valentina Lo Porto, Rosario Giordano, Mario Cerealo, Ornella Crapanzano, Pietro Vizzini e Antonio Gagliano.
Il collegio difensivo era composto dagli avvocati Giacomo Ventura, Flavio Sinatra, Giovanna Cassarà, Francesco Enia, Cristina Alfieri, Maurizio Scicolone, Giovanna Zappulla, Ivan Bellanti e Rocco Di Dio, Davide Limoncello e Laura Caci.
Con il blitz “Stella Cadente” finirono in carcere 35 esponenti, tra capi e gregari, della Stidda. Dalle indagini è emerso che avrebbero gestito un fiorente traffico di sostanze stupefacenti, infiltrandosi nell’economia attraverso imprese di comodo, imponendo il pizzo a tappeto, con la tipica forza intimidatrice della mafia. Tante le spedizioni punitive degli stiddari, organizzate anche con l'uso di armi e con danneggiamenti seguiti da incendi, ai danni di chi osava contrapporsi al loro potere criminale, con una potenzialità "militare" costituita da "500 leoni", ossia da 500 uomini armati che avrebbero potuto scatenare l'ennesima guerra di mafia. Le indagini hanno consentito di fotografare l'ala violenta del clan, ricostruendo diverse richieste estorsive imposte a commercianti ed imprenditori riottosi o poco propensi però a sottomettersi al loro volere e che hanno trovato il coraggio di denunciare i loro estorsori.