"Era il 24 dicembre 2020 quando il tampone rapido prima e quello molecolare subito dopo hanno diagnosticato che ero positivo al Covid-19". A raccontare la brutta esperienza conclusasi nel migliore dei modi è Salvatore Sorce, 61enne di Milena, maresciallo maggiore dei carabinieri in pensione e vicepresidente della sezione nissena dell'Associazione Nazionale Carabinieri. E adesso che sta bene Salvatore Sorce ha voluto ringraziare i suoi "angeli", medici, infermieri e tutto il personale della Rsa, che si sono presi cura di lui, mostrando ancora una volta grande professionalità e umanità. Il maresciallo maggiore ripercorre quei momenti fin dalle prime fasi in una lettera inviata ai sanitari del reparto che fa capo alle Malattie Infettive dell'ospedale Sant'Elia diretto dal primario Giovanni Mazzola. "I primi giorni, dopo la positività, stavo relativamente bene, ero asintomatico e non avvertivo alcun malessere, ma tra il 29 dicembre e il 1° gennaio ho cominciato ad avere dei fortissimi mal di testa e la febbre che andava dai 38.5 ai 40 gradi, pertanto mia moglie ha avvisato telefonicamente i medici dell'Usca che immediatamente hanno inviato un loro medico a casa mia. La dottoressa, protetta con tuta, mascherina, visiera e guanti, mi ha visitato e rendendosi conto delle mie critiche condizioni di salute ha avvisato il 118. I soccorritori, arrivati poco dopo, mi hanno trasportato all'Rsa del Sant'Elia di Caltanissetta, era il 2 gennaio. Quando si riceve la notizia che si dovrà essere ricoverati nel reparto Rsa Covid-19 il mondo precipita in un istante – prosegue il racconto – portando con sé le proprie certezze ed i propri equilibri e spazzando via ogni sicurezza e tanti pezzi di speranza. Da quel momento, e per tutto il tempo in cui ci si ritrova, all'improvviso, a fare i conti con apparecchiature e macchine di cui si ignorava l'esistenza, fra aghi, tubo dell'ossigeno, l'aspetto emotivo gioca un ruolo importante e, insieme alle cure mediche, fondamentali per continuare a vivere, occorre quel sostegno che dia la forza al paziente, e di conseguenza anche ai familiari, di andare avanti mettendo in fila, l'uno dopo l'altro, attimi che sembrano eterni. Nel reparto Rsa Covid-19 dell'ospedale di Caltanissetta questo sostegno l'ho respirato giorno dopo giorno, mentre un momento dopo l'altro ho apprezzato la passione con cui ogni singolo medico, infermiere, operatore socio sanitario, operatore addetto alle pulizie, operatore addetto alla distribuzione del cibo, ognuno a suo modo e per la parte di propria competenza, si è dedicato quotidianamente a me e a tutti gli altri pazienti, in modo encomiabile, con sorrisi, parole di sostegno e conforto. Mi hanno accudito con amore ed attenzione, in modo professionale ed eccellente e con straordinaria disponibilità. Ora che il momento più critico è stato superato, dopo 35 giorni di degenza, grazie a degli "angeli" che si sono presi cura di me e di tutti gli altri pazienti, che ci hanno assistito non lasciandoci soli ed accontentando sempre ogni nostra giusta richiesta, non mi resta che dire grazie, e lo dico con tutto il cuore a tutto lo staff sanitario. Un'esperienza difficile che rimarrà sempre nel profondo del mio cuore e se l'ho superata è stato certamente anche grazie a tutti voi e sì, grazie e ancora grazie, perché grazie è una parola ormai da tempo sconosciuta, una parola semplice che però racchiude un grande sentimento, racchiude l'amicizia, l'amore, il coraggio, che forse a volte non basta a pronunciare questa piccola parola. Basta dirla con il cuore, perché ogni persona piccola o grande che passa nella nostra vita è unica: lascia sempre un po' di sé e prende un po' di noi. Grazie ancora a tutti voi per aver incrociato, anche se in questo momento così difficile ed estremamente pericoloso, il mio cammino".