Pubblicato il: 24/03/2021 alle 13:46
“Quella firma sui brogliacci è di Fabrizio Mattei, la riconosco perché facevamo il Fantacalcio insieme ed era una grafia molto bella”. Lo ha detto Vincenzo Maniscaldi, poliziotto ex appartenente al gruppo d'indagine sulle stragi palermitane Falcone-Borsellino, rispondendo questa mattina al procuratore Gabriele Paci nel corso dell’udienza del processo sul depistaggio delle indagini sulla Strage di via D’Amelio. Paci ha mostrato all’ispettore capo, ora in pensione, alcuni brogliacci relativi alle intercettazioni telefoniche sul telefono del falso pentito Vincenzo Scarantino, nel periodo in qui quest’ultimo si trovava a San Bartolomeo a Mare. Maniscaldi, sentito in qualità di teste, non ha dubbi sulla assoluta correttezza del gruppo investigativo guidato da Arnaldo La Barbera e di tutti coloro che si occuparono delle stragi.
“Non sono a conoscenza del motivo per cui Vincenzo Scarantino ha ritrattato – ha aggiunto Maniscaldi – la sua volontà di ritrattare fu scoperta quasi per caso. Noi stavamo facendo delle intercettazioni ambientali in casa di Gaetano Scotto, durante le quali sentiamo una conversazione in cui la moglie di Scotto lamentava che doveva tirar fuori dei soldi per fare ritrattare Scarantino”. Poi Maniscaldi si è soffermato sul video di Mediaset in cui Vincenzo Scarantino affermava di avere falsamente accusato alcune persone come responsabili delle stragi. “Il 3 agosto del 1995 su delega del dottore Petralia – ha raccontato il teste – andiamo alla Fininvest e lasciamo una richiesta per acquisire la cassetta. Ci arrivò poi a mezzo corriere. Ci fu chiesto di identificare Vittorio Sgarbi, Angelo Mangano, la giornalista che aveva mandato l’agenzia di stampa la mattina del 26, e Paolo Liguori. E di fare degli accertamenti. E abbiamo inoltrato tutto alla Procura”.
Nel corso dell’udienza è stato sentito anche il collaboratore di giustizia Angelo Fontana il quale, rispondendo alle domande dell’avvocato Giuseppe Seminara, ha affermato che “negli ambienti dell’Acqusanta si diceva che Gaetano Scotto aveva rapporti con uomini dei servizi segreti. Questi incontri, che posso collocare temporalmente nel ’90 o comunque primi anni ‘90 – ha continuato – si svolgevano a Montepellegrino dove lui si recava con una Volskwagen nera decappottabile”. Imputati del processo sono Fabrizio Mattei, Mario Bo, e Michele Ribaudo. L’accusa è di calunnia aggravata dall'aver favorito Cosa Nostra. Secondo l’accusa i tre poliziotti avrebbero indotto il falso pentito Vincenzo Scarantino a rendere false dichiarazioni sottoponendolo a minacce, maltrattamenti e pressioni psicologiche. Nella prossima udienza fissata per venerdì 26 marzo saranno sentiti i teste citati dall'avvocato Giuseppe Panepinto legale di Mario Bo.