Pubblicato il: 09/04/2021 alle 09:34
Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di Jessica Napolii, operatrice per la disabilità. Sociologi quali Emile Durkheim o quelli della “Scuola di Chicago”,oggi parlerebbero di “anomia” e “disorganizzazione sociale”, nei termini di una mancanza di certezze, di prospettive anche normative o di supporto, e di una mancanza di intervento su quelle che sono le fasce della popolazione con opportunità minori. Quelli come me che operano nella sfera sociale, sono fortemente indotti ogni giorno a riflettere su quelli che sono stati e che saranno gli effetti, anche a lungo termine, della pandemia in corso, sia su “categorie” più fragili della popolazione e sia rispetto ad alcuni particolari fenomeni. La società così come la conosciamo tende un po' a svanire, lasciando progressivamente il posto ad una forma di individualismo che è tipica di una visione “neoliberista”,a scapito di realtà quali collaborazione e cooperazione. Inevitabilmente questo senso di incertezza sta facendo particolarmente presa, tra gli altri, sugli adolescenti e su tutte quelle persone emotivamente deboli, che talvolta cercano risposte e le trovano forse nel modo meno funzionale.
Ad oggi per esempio, le dipendenze patologiche, o meglio, le modalità adottate per essere definite tali, stanno cambiando volto. Dati che ci vengono forniti da un Report ufficiale del Governo, sull’impatto della pandemia sul mercato della droga, ci dicono come quest’ultimo stia subendo una trasformazione significativa. In passato gli individui consumavano le sostanze prevalentemente in compagnia, mentre oggi l’uso è per ovvie ragioni domestico,ma in costante aumento. Sintomo di un senso di solitudine che deve fare pensare. Oggi inoltre le sostanze vengono acquistate soprattutto in rete, specialmente la cannabis o sostanze sintetiche. Non serve dire che non si tratta di un dato positivo, perché in questo modo tutto diventa praticamente alla portata di tutti. Un decremento sembra invece interessare l’uso di cocaina, ma per un semplice motivo. E’ una sostanza “caratteristica” di determinati contesti, come i bar ed i locali notturni, di conseguenza il mercato ha subito una battuta d’arresto. Infine l’eroina, per fare un ultimo esempio, per la tipologia di dipendenza, sembra tutt’oggi “godere” di una richiesta costante. Un discorso diverso è quello delle sostanze alcoliche, che hanno si subito un incremento, ma dovuto anche al fatto che si tratta di un prodotto estremamente economico e facilmente reperibile.
Quanto agli adolescenti, la Dad, il non potere incontrare i propri amici e le restrizioni,hanno generato spesso un senso di alienazione su degli individui non ancora perfettamente strutturati, e inoltre il fatto che lo stesso tipo di “pressione” venga contemporaneamente esercitato su due tra le agenzie educative principali, scuola e famiglia, sicuramente non ha aiutato, al punto che quel tratto tipico di questo periodo che è appunto il “superare il limite”, si è fatto più forte. Rischio che si fa più importante, se pensiamo che ci possa essere anche una strumentalizzazione più seria, di questo disagio. Si pensi ad esempio, oltre a quelle citate, anche alle categorie economiche maggiormente colpite.
Ci sono tante interpretazioni a riguardo, quella per me più valida, è che la devianza sia sicuramente un prodotto sociale. Sono lontani i tempi in cui Cesare Lombroso credeva di potere identificare una persona “deviante” addirittura dalla forma del cranio seguendo paradigmi psicogenetici, e di conseguenza il fenomeno oggi andrà interpretato come una “risposta” ad un malessere e come l’espressione di un bisogno. Più volte, ho sentito con le mie orecchie, da uomini e da donne, che se avessero avuto delle alternative o se avessero conosciuto realtà diverse, non avrebbero mai pensato di commettere azioni illegali. Personalmente mi occupo di disabilità, ad ogni modo il disagio talvolta interessa anche contesti diversi ed in modo trasversale,e te ne accorgi soprattutto quando fai un lavoro come quello dell’ educatrice, che per antonomasia è un mestiere in cui il rispecchiamento nell’altro, la responsività per i bisogni dell’altro, sono principi cardine. Senza fare retorica o demagogia, è inutile dire che un elemento essenziale è si rappresentato dalla comunità locale, ma principalmente è “l’impalcatura” a monte, a fare la differenza. Cosa servirebbe?Il periodo vede spesso e volentieri priorità standard , ma forse avremmo bisogno di politiche volte a rafforzare i legami sociali ed a riorganizzare le condizioni di vita di zone che presentano particolari criticità. Interventi sulla salute ed il benessere dei più giovani. Si parla anche di Empowerment, nel senso di rendere più consapevoli le persone dei problemi del posto in cui vivono, puntando alla ricerca di soluzioni in comune. Sicuramente politiche economiche migliori. Una soluzione scontata, ma poi non così tanto a quanto pare, e oggetto di discussione accesa in questi giorni. Perché se ci riflettessimo capiremmo che in effetti qualcosa non va. Nella fattispecie i commercianti e gli imprenditori hanno vissuto una crisi fortissima, ma nessuno è mai intervenuto ad esempio sulle utenze e le tasse in generale, che continuavano e continuano ad arrivare. Uno dei paradossi. E infine ma non per importanza, determinate pratiche potrebbero diventare veicolo per il contagio. E’ necessario quindi non smettere mai di fare informazione e prevenzione, sono sempre necessari protocolli specifici per la risposta dei servizi ai casi di consumatori di droghe che presentano segni di un possibile contagio, specialmente in quelle strutture e quei servizi che se ne occupano direttamente.
Jessica Napoli