Pubblicato il: 30/06/2021 alle 08:22
Ha scontato 15 anni di carcere per un omicidio ma lui, e lo rimarcava spesso, si vantava di aver fatto sempre la bella vita. Espressione, quella usata da Carmelo Bontempo, che ha dato il nome all’operazione della Squadra Mobile che ha portato al suo arresto, come reggente di Cosa Nostra a Caltanissetta, e a quello di altre sei persone accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso dedita alla commissione di estorsioni e al traffico di sostanze stupefacenti. Bastava nominare la figura di Carmelo Bontempo perché gli imprenditori a Caltanissetta pagassero il pizzo e d’altronde, il boss, ebbe modo di dimostrare la sua caratura criminale ben 26 anni fa quando uccise il giovane Walter Maniscalco.
Ma chi è Carmelo Bontempo? Per comprendere la ferocia del personaggio dobbiamo tornare indietro ad una domenica del 1995. Walter aveva "osato" mollargli uno schiaffo per difendere una ragazza, presa di mira da un gruppetto di bulli di paese. Un affronto che Carmelo, 16 anni appena ma già avviato nella carriera criminale, non poteva tollerare. Per farsi "rispettare" doveva punire quel ragazzo. E così, tre giorni dopo, è andato a cercarlo all' oratorio dei Salesiani, poi dopo un breve battibecco, gli ha dato appuntamento al cimitero per un "chiarimento". Quando Walter è arrivato, accompagnato da un amico, Carmelo ha tirato fuori da un cespuglio un fucile, lo ha spinto contro il muro, ed ha sparato. Due colpi all’inguine poi, il colpo di grazia alla testa. Quindi, tranquillo, è tornato a casa e si è messo a letto.
Da allora Bontempo non ha mai perso i contatti con la mafia fino ad ottenere lo “scettro” di reggente di Cosa Nostra nissena. Insieme agli altri sei arrestati dell’operazione “La bella vita” – Fabio Meli, 43 anni, Giovanni Puzzanghera, 44 anni, Francesco Zappia, 47 anni, Ivan Villa, 48 anni, Daighoro Iacona, 31 anni, Gino Gueli, 32 anni – hanno messo in piedi una vera e propria organizzazione mafiosa che faceva cassa con le estorsioni e con lo spaccio di grossi quantitativi di stupefacente. Per lo più cocaina di cui si andavano a rifornire a Catania dal clan Cappello. Bontempo in particolare discuteva con gli altri sodali dell’importanza di non fare mai mancare il sostegno ai detenuti e alle loro famiglie cui faceva arrivare le buste con i soldi.
“Questa capacità di far arrivare somme di denaro ai detenuti – ha sottolineato in conferenza stampa il capo della Squadra Mobile Marzia Giustolisi – era fondamentale per mantenere il vincolo mafioso. Ed era anche un motivo in più, incredibilmente, per convincere gli imprenditori a pagare il pizzo". Tra i suoi obiettivi economici i settori della compravendita immobiliare, dei lavori di edilizia, dopo essersi già inserito in quello della vendita di autovetture, per assicurarsi canali di investimento per il riciclaggio dei proventi delle attività illecite e ottenere così guadagni in nero da destinare anche al mantenimento delle famiglie dei carcerati. Tutta l'indagine si è basata su tecniche tradizionali come intercettazioni e pedinamenti visto che le vittime delle estorsioni, come è stato riferito in conferenza stampa, non hanno collaborato.