Pubblicato il: 02/10/2021 alle 11:39
A Caltanissetta realizzato il primo impianto di biodigestione aneorobica per il trattamento della Forsu in Sicilia. La provincia nissena nel 2020 al 58% nella raccolta differenziata, 13 comuni su 22 sopra il 65%, Caltanissetta registra un incremento di quasi 20 punti percentuali rispetto al 2019. Nel 2020 la provincia di Caltanissetta si ferma al 57% della raccolta differenziata, con un incremento di quasi 10 punti rispetto al 2019, ma è il Comune capoluogo a registrare il maggiore balzo in avanti nel servizio di raccolta passando dal 42% del 2019 al 60% del 2020. Mentre Gela segna il passo con un leggero calo rispetto all’anno precedente passando dal 49% al 48,67%.
Complessivamente sono 13 i comuni, su 22 (erano solo 4 nel 2019), sopra il 65% di raccolta differenziata, tutti comuni sotto i 15 mila abitanti. Un trend, quindi, in crescita che si conferma anche rispetto ai dati del primo semestre 2021, premiando il passaggio del sistema del servizio che, in tutti i comuni nisseni, è passato al porta a porta. Sono questi i dati presentati in occasione dell’EcoForum provinciale sui rifiuti e l’economia circolare, organizzato nell’ambito della 3^ edizione di Sicilia Munnizza Free, il progetto di Legambiente per liberare la Sicilia dai rifiuti e per un avviarla verso l’economia Circolare.
L’incremento della raccolta differenziata, se da una parte si è tradotto nell’aumento dei contributi riconosciuti ai comuni nisseni da parte del Conai, dall’altra parte, come hanno avuto modo di segnalare i Presidenti delle due SRR della provincia, Balbo e Catania, e il sindaco di Caltanissetta Roberto Gambino, i comuni sono stati costretti a sobbarcarsi gli alti costi (anche 230/t) per il trattamento dell’organico a causa della mancanza di impianti dedicati nella provincia.
Una criticità – denunciano le SRR – dovuta ai ritardi della Regione per la definizione dell’avvio delle procedure autorizzative, come nel caso dell’impianto pubblico per il trattamento dell’organico previsto a San Cataldo, con un finanziamento previsto di 24 milioni di euro, ma dal 2017 ad oggi si è svolto un solo tavolo tecnico. Pur tuttavia, la provincia di Caltanissetta potrà vantare nelle prossime settimane il primato di avere realizzato nel suo territorio il primo impianto in Sicilia di biodigestione aneorobica per il trattamento della FORSU. L’impianto, in contrada Grottarossa a Caltanissetta, realizzato da SNAM, che ha modificato sostanzialmente il progetto originario con interventi di contenimento dell’impatto ambientale e delle emissioni odorigene, sarà in grado di trattare 36.000 t/a di FORSU che produrranno ammendante per i terreni agricoli e biometano da immettere nella rete.
“Riteniamo che l’unica strada per uscire definitivamente dall’emergenza sia quello di puntare alla riduzione, al riuso e alla raccolta differenziata di qualità e ad un impiantistica innovativa del recupero e del riciclo che sia quanto più vicina ai luoghi di produzione dei rifiuti – dichiara Tommaso Castronovo coordinatore di Sicilia Munnizza Free e responsabile rifiuti ed economia circolare di Legambiente Sicilia -. Per questo occorre ancora di più spingere sulla raccolta differenziata, non accontentandosi del 65% di RD, puntando sulla qualità per favorire lo sviluppo di una rete industriale dell’economia circolare.
“Purtroppo nonostante le promesse iniziali del governo Musumeci – dichiara Gianfranco Zanna presidente regionale di Legambiente – il sistema di gestione del ciclo dei rifiuti continua a reggersi ancora sulle discariche pubbliche e private, gli unici impianti che sono stati realizzati negli ultimi 4 anni sono quelli di contrada Timpazzo di Gela e la VII vasca di Bellolampo. Mentre abbiamo bisogno di impianti a servizio della raccolta differenziata per recuperare materia ed avviarla al riciclo, come chiede l’Europa e il nuovo modello di economia circolare, e non di impianti che, invece, la seppelliscono o la bruciano come le discariche e i termovalorizzatori.
Prospettare ai Sindaci e alle SRR, come sta facendo la Regione, la soluzione degli inceneritori per risolvere il problema della gestione del secco residuo è solo ingannevole, poiché oltre ad essere un investimento oneroso sia per il pubblico che per il privato, che verrebbe pagato comunque dalle tasse dei siciliani con costi di conferimento di 200€/t, ci vorranno non meno di 7 -10 anni per la loro realizzazione e di fatto impedirebbe il raggiungimento degli obiettivi selettivi e sfidanti di riciclo previsti dalle direttive europee sull’economia circolare.”
All’EcoForum sono intervenute alcune realtà industriali e start up dell’economia circolare che hanno anche sottolineato le difficoltà a definire e realizzare investimenti e creare occupazione a causa dei ritardi e delle incertezze legate al rilascio delle autorizzazioni e anche dell’adozione dei criteri minimi ambientali da parte delle amministrazioni pubbliche per poter generare quella domanda dei prodotti riciclati del mercato dell’economia circolare.
Singolare la testimonianza dell’azienda Gelese Ecoplast, unica in Sicilia a realizzare prodotti per l’igiene ambientale e domestico con il 75% di materiale da riciclo e interamente riciclabili ma che, al momento, per la sua linea di produzione deve far pervenire gran parte della materia prima seconda dalla Sardegna e lavora al 30% della sua capacità produttiva.