Pubblicato il: 02/10/2021 alle 21:26
La IV edizione del congresso Highlights in Neurology, organizzato dal primario di Neurologia dell'ospedale Sant'Elia e presidente regionale della Società Italiana di Neurologia Michele Vecchio, è stata una nuova occasione per immergersi nel campo della scienza e osservare da vicino come la sperimentazione continui a fare passi da gigante offrendo nuove opportunità di cura. Le relazioni illustrate da luminari di livello internazionale, insieme a quelle dei primari delle diverse unità operative di Neurologia di varie parti di Italia, se da una parte sono servite ad incrementare il sapere dei numerosi partecipanti, tra confronti e numerosi spunti di rifelssione, hanno rappresentato una vera e propria "iniezione" di fiducia e speranza in un futuro sempre più roseo per la ricerca.
In questi anni si stanno facendo grandi passi in avanti su malattie che fino a qualche anno fa erano considerate incurabili. Oggi una persona con sclerosi multipla può partorire e fare una vita normale, i pazienti con emicranie invalidanti possono provare nuovi trattamenti con gli anticorpi monoclonali e sono già in uso nuove terapie per l'epilessia resistenti ai farmaci. E poi c'è il campo della demenza senile, oggi in Italia ne soffrono ben 1,2 milioni di persone. A parlarci delle novità in quest'ultimo campo è lo stesso organizzatore del convegno, il primario nisseno di Neurologia Michele Vecchio. “L’Alzheimer è una delle patologie a più elevato impatto sociale oltre che clinico – spiega il dottore Michele Vecchio – è una malattia in costante aumento, è la prima causa di demenza ed è una malattia il cui trend di crescita è destinato ad aumentare come abbiamo visto in questi ultimi decenni. Uno dei fattori di rischio principali è l’età e quindi con l’avanzare della sopravvivenza media ci aspettiamo moltissimi casi.
E’ una malattia che va approcciata da un punto di vista multidimensionale, partendo dalle cause che sono oggetto di studio approfondito e poi per quanto riguarda la presa in carico del paziente e dei suoi familiari. Farmaci, metodi diagnostici sempre più sofisticati, welfare e care giver da sostenere e sviluppo di un concetto che nell’ultimo periodo si sta affermando: cioè quello di un’attività di prevenzione delle sindrome demenziali e dell’Alzheimer in particolare. Studiando l’incidenza della malattia – continua il primario – è dimostrato che una delle cause è l’esistenza di comorbilità. E quindi le persone devono fare uno stile di vita adeguato, devono mangiare bene, fare attività fisica, evitare di fumare. Poi c’è la cosiddetta implementazione cognitiva cioè noi dobbiamo tenere sveglio il nostro cervello, dobbiamo tenerlo attivo. E tutto questo va fatto quando ancora si sta bene. Attualmente i farmaci che si stanno sviluppando hanno un’azione vera solo se vengono utilizzati all’inizio della malattia.
Dobbiamo essere pronti a utilizzare i nuovi farmaci, di cui uno, l’Aducanumab è già stato registrato alla Fda americana a giugno di quest’anno, e pensiamo nel 2022-2023 sarà anche in Europa e quindi anche in Italia, e ha un’indicazione per le forme estremamente iniziali. Sarebbe bello dire che questo è il farmaco che guarisce l’Alzheimer. Non so se questo sarà possibile in un futuro ma già modificare la storia naturale della malattia, e quindi garantire a un paziente per 10 o 20 anni una buona qualità della vita, mantenerlo nella sua memoria, nei suoi ricordi, nei suoi affetti e nei suoi hobby, credo sarà un successo”. Per un attimo quindi riavvolgo il nastro e torno a quello che il dottore Vecchio aveva detto all’inizio della nostra conversazione, e cioè tenere sveglio il nostro cervello quando ancora si sta bene. Ma cosa bisogna fare per allenare la mente? “Bisogna avere uno spirito allenato. La mente si allena se tu vivi, se fai cose, se fai progetti, se instauri ragionamenti, se risolvi problemi. Bisogna evitare di galleggiare sul nulla”. Rita Cinardi