Pubblicato il: 27/11/2021 alle 11:48
Io ho ucciso Falcone. Ho sparato un primo colpo, poi un altro colpo da dentro la macchina, poi sono sceso gli ho dato 3 colpi di grazia alla testa». La ricostruzione è del collaborante campofranchese Maurizio Carrubba, ex uomo di Cosa nostra. Così ha raccontato dell’esecuzione con obiettivo il montedorese Gaetano Falcone ucciso il 13 giugno del 1998. Un delitto maturato per questione mafiose, hanno ritenuto senza il benché minimo dubbio gli inquirenti. È un passaggio dell’audizione di ieri, resa per videoconferenza, dal pentito campofranchese al processo a carico del boss sessantaseienne di Campofranco, Domenico «Mimì» Vaccaro (assistito dall’avvocato Antonio Impellizzeri) ritenuto la regia dell’agguato e del cinquantatreenne di Milena, Carmelo Sorce (assistito dagli avvocati Danilo Tipo e Daina Meli) tirato in ballo per l’uccisione del giovane di Milena, Salvatore Randazzo .
«A volere la morte di Falcone è stato Mimì Vaccaro», ha sostenuto il collaborante. E le ragioni le ha pure spiegate. «In quel periodo si era creata una profonda crepa in Cosa nostra, tra l’ala vicina a Binnu Provenzano e un’altra più legata a Brusca e company a cui facevano riferimento i Cammarata di Riesi e lo stesso Falcone… io ero più vicino a Provenzano». Lo stesso pentito ha poi aggiunto che «l’omicidio Falcone è stato voluto sia per eliminare una pedina del gruppo legato a Vito Vitale e Leoluca Bagarella, sia per una vendetta per l’uccisione di mio fratello e di Lorenzo Vaccaro assassinati a Catania nel 1998». Lo stesso collaborante ha poi aggiunto che quel giorno sarebbero stati con lui «i fratelli Angelo e Felice Schillaci… Angelo guidava la mia auto e io mi sono seduto dietro.. raggiungemmo Falcone dove faceva pascolare i suoi animali… io dall’auto sparai un primo colpo con un fucile a canne mozze, anche Felice Schillaci sparò… sono sceso dall’auto e gli sparai alla testa mentre lui , Falcone, era per terra». Così, il pentito, ha ricostruito le fase dell’esecuzione con obiettivo il cugino del boss di Montedoro.
Quanto al secondo delitto al centro di questo procedimento al cospetto della corte d’Assise presieduta Roberta Serio (a latere Simone Petralia), quello del giovane di Milena, Salvatore Randazzo, lo stesso collaborante di Campofranco lo ha legato a «motivi passionali». Randazzo è stato ucciso 22 giorni prima di Francesco Carrubba. «Mio fratello – ha riferito il pentito – mi disse che era stato Carmelo Sorce per motivi passionali, parchè Randazzo aveva avuto una relazione con la fidanzata dello stesso Sorce mentre lui non era libero. Non ricordo se era in una casa famiglia o se era in una comunità. Mio fratello mi disse pure che Palumbo, allora reggente della famiglia di Milena, forse sapeva che a uccidere Randazzo era stato Sorce.. ma non so se lo avesse saputo prima o dopo il delitto». (Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia)