Pubblicato il: 01/06/2022 alle 13:32
“Dopo le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, Scarantino non ha più avuto motivo di inventare cose false”. Lo ha affermato l’avvocato Giuseppe Panepinto, legale del poliziotto Mario Bo, nel corso della sua arringa al processo sul depistaggio delle indagini della strage di via D’Amelio che si celebra a Caltanissetta. Nel 2007 il pentito Gaspare Spatuzza aveva confessato di essere stato l'autore del furto dell'auto Fiat 126 usata per l'attentato, scagionando Scarantino e dimostrando che era un falso pentito, usato per sviare le indagini sull'attentato a Borsellino. Proprio di questo è accusato Bo, insieme ai poliziotti Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo: aver indotto Vincenzo Scarantino, mediante minacce e pressioni, a rendere false dichiarazioni per depistare le indagini e fare condannare persone che non avevano nulla a che fare con la strage.
“Nell’interrogatorio del 28 settembre 2009 – continua Panepinto – Scarantino dice di non ricordare se le dichiarazioni rese fossero frutto di notizie di stampa o di suggerimenti. Nell’interrogatorio ci dice che lui comprava il quotidiano ‘Il giorno’ e l’altro detenuto il Corriere della Sera e quindi erano informati. Lui stesso ha detto ‘ci sono tante cose che ho letto nei giornali’. Dice di non aver subito costrizioni perché altrimenti avrebbe reagito. Ha affermato di non avere avuto suggerimenti prima degli interrogatori. In un successivo interrogatorio dell’ottobre 2009 dice che Bo non gli aveva mai fatto promesse. Ma è credibile che Bo abbia indottrinato Scarantino? Si può pensare mai che uno indottrina in una vicenda così delicata?" si è chiesto il legale. "Questo Scarantino – ha concluso – è sicuramente un sempliciotto, per essere generosi. Scarantino non fu indottrinato ma fece le sue dichiarazioni sulla base di notizie giornalistiche, informazioni che sentiva negli ambienti carcerari, dalle contestazioni fatte durante i processi e durante gli interrogatori, ma anche di cose apprese nel contesto familiare. Lo stesso pm che quando fece la richiesta di archiviazione ci diceva che l’indottrinamento di Scarantino non era credibile oggi basa su questo le sue accuse”.
“I poliziotti del gruppo Falcone Borsellino non lo tolleravano questo servizio di protezione a Vincenzo Scarantino. Erano abituati a combattere la mafia e non ne potevano più dei suoi capricci. Quindi non avevano alcun motivo per tenersi questo servizio”, ha continuato Panepinto riferendosi al periodo in cui il falso pentito Vincenzo Scarantino viveva in località protetta a San Bartolomeo a Mare. Secondo la Procura infatti, l’indottrinamento da parte dei tre poliziotti imputati (Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo) per fare sì che Scarantino rendesse false dichiarazioni, era avvenuta proprio a San Bartolomeo a Mare.
“Non c’è nessuno che ha cercato di proteggere Scarantino o circuirlo – ha continuato Panepinto – operavano in una situazione di emergenza perché i Nop (Nuclei Operativi di Protezione) non erano ancora stati costituiti. Vennero istituiti nel ’95 i compiti di assistenza precedentemente svolti da prefettura e forze dell’ordine. Gli altri collaboratori di giustizia chi li gestiva? Sempre le forze dell’ordine, perché non c’erano altri che li potevano gestire. Quindi quella di Scarantino non era un’anomalia era una cosa normale per quel periodo. Il primo Nop operò in Italia nel 1996. Scarantino non poteva che essere affidato agli unici ‘disgraziati’ che si sono trovati a doverlo gestire. E quindi è clamoroso l’errore del pm che ci dice che siamo in presenza di un’anomalia”.