Pubblicato il: 10/08/2022 alle 12:35
L'ombra del caso Montante su una ditta di intercettazioni operativa in tutta Italia. Potrebbe essere l'ennesimo capitolo della spy story, che ha colpito Confindustria siciliana: le indagini sono in corso. A partire da una segnalazione, inviata lo scorso aprile, dalla Direzione nazionale antimafia alle principali procure, sull'intreccio societario che lega la Movia spa al sistema che ruota intorno all'ex paladino dell'antimafia, Antonello Montante.
Nello specifico, gli approfondimenti riguardano i rapporti tra la ditta “Movia spa”, costituita in provincia di Catania da due esperti del settore, e l'imprenditore Giuseppe Catanzaro, uno dei “signori della monnezza” in Sicilia, proprietario della megadiscarica di Siculiana (in provincia di Agrigento) e numero due degli industriali dell’isola, negli anni d’oro di Montante. Anche Catanzaro adesso sarà processato a Caltanissetta, assieme ad un’altra decina di presunti complici, nell’ambito dell’indagine “Montante-bis”. Nonostante l’arresto, nel 2018, del responsabile antimafia degli industriali, infatti, le indagini sulla sua rete non si sono fermate. Il collegamento tra la Movia e Catanzaro è emerso proprio nel corso di questi successivi approfondimenti ed è scaturito dalla comunicazione di una procura distrettuale sulla quale si è messo al lavoro il gruppo ricerche della Dna. "La nostra società non ha, né ha mai avuto, alcun rapporto con il gruppo Catanzaro", dice Luca Spina, legale rappresentante della Movia spa, ditta operativa da vent'anni e apprezzata nel settore delle captazioni telefoniche, ambientali, ma soprattutto telematiche, con l'uso dei cosiddetti trojan. Tanto da svolgere attività per conto delle procure distrettuali di Milano, Bari, Lecce, Catanzaro, Napoli, Genova, Salerno, Potenza e Reggio Calabria, oltre che nelle carceri di Parma e Trani.
Dalle indagini dei magistrati è però emerso che il 30 per cento delle quote di “Movia spa” è detenuto dalla società “Sistemi Investimenti spa”, che a sua volta per l'11,98 per cento è di proprietà del “Gruppo Catanzaro srl”. Quest'ultima è la società di famiglia, in cui oltre a Giuseppe, compaiono anche i fratelli Fabio e Lorenzo, a loro volta oggetto di Sos (segnalazioni di operazioni sospette). L'ingresso dei Catanzaro nella Sistema Investimenti è datato febbraio 2014, ben prima che il caso Montante esplodesse. E la Sistema Investimenti, per il 37 per cento, è di proprietà dell'avvocato catanese Antonio Ernesto Zangara, cognato di Ivanhoe Lo Bello, apripista della Confindustria legalitaria in Sicilia. "Il Gruppo Catanzaro è un mero socio investitore, del tutto passivo", precisa Zangara: “Detiene una piccola quota di minoranza, priva sia di specifici poteri sia di particolari tutele" e "nessun ruolo, ha mai avuto, né potrebbe aver mai avuto, il mio acquisito rapporto di affinità (non di parentela) con il dottor Lo Bello nei rapporti con il suddetto Gruppo Catanzaro". Il nome di Lo Bello, nelle indagini di Caltanissetta sul sistema Montante, è quasi onnipresente, nonostante l’ex presidente degli industriali siciliani non abbia subito alcun coinvolgimento giudiziario. Compare più volte, anche nelle agende sequestrate nella casa di Montante a Serradifalco (Caltanissetta), spesso in compagnia dello stesso Catanzaro. Particolari cristallizzati nel processo contro l’ex paladino dell’antimafia, alcuni mesi fa condannato dalla corte d’Appello di Caltanissetta a 8 anni di reclusione per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo al sistema informatico. Assieme a lui, condannati anche alcuni componenti del suo “cerchio magico”, ritenuti complici nel confezionamento di dossier ricattatori con informazioni riservate, in parte provenienti dai database delle forze di polizia. Tra le vittime il magistrato ed ex assessore regionale Nicolò Marino, diventato un bersaglio dopo le sue denunce sulla discarica di Catanzaro e sull’affare rifiuti in Sicilia. Anche per questo Catanzaro è stato rinviato a giudizio per associazione a delinquere e corruzione nell’ambito di un generale affresco che riguarda le sue presunte ingerenze sulle scelte del governo regionale di Rosario Crocetta.(Marco Bova, L'Espresso)