Pubblicato il: 27/10/2022 alle 07:38
Le accuse si sono sciolte come neve al sole. Quella sorta di presunta truffa con il «bonus cultura» – perché secondo la tesi accusatoria il commerciante avrebbe venduto a studenti apparecchiatura informatica che, invece, i voucher non avrebbero consentito – alla fine, non si sarebbe consumata affatto. Ma ci sono voluti quattro anni prima che una sentenza lo stabilisse. E nel frattempo l’attività è stata chiusa e otto dipendenti sono stati licenziati. È in una bolla di sapone che è finito adesso il processo a carico del commerciante Gaetano Giorgio (assistito dall’avvocato Giuseppe Panepinto) assolto dall’accusa d’indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato perché «il fatto non è previsto come reato». Per lui il pm Simona Russo aveva chiesto la condanna a 8 mesi.
Cadute nel vuoto anche le contestazioni – in particolare la sanzione amministrativa – che, di riflesso, erano piovute sulla società di cui il negoziante era a capo, la «Cartonet store», difesa dall'avvocato Giuseppe Di Buono, perché «il fatto non sussiste». L’Avvocatura della Stato (assistita dall’avvocato Giuseppe Spina) si è costituita parte civile. Tra le pieghe del pronunciamento, il tribunale presieduto da Francesco D’Arrigo (a latere Giuseppina Chianetta e Lorena Santacroce) ha anche disposto il dissequestro di beni mobili e immobili dello stesso commerciante. Sì, perché a suo carico, nell’ottobre 2018, è scattato un sequestro per un valore complessivo di ben oltre 300 mila euro, cifra pari all’importo degli stessi ticket incassati.
Ma poi, su istanza dell’avvocato Panepinto, la misura patrimoniale cautelativa è stata rimodulata al ribasso. La Cassazione, infatti, ha inferto un fortissimo colpo di forbice riducendo l’importo a 20 mila euro. E in quel calderone sono entrati pure tutti i conti correnti così da strozzare, di fatto, l’attività. Il commerciante – è stata sempre la tesi accusatoria – avrebbe accettato di vendere apparecchiature elettroniche pagate poi dai giovani – in questo caso sono i nati negli anni 1998 e 1999 – con l’incentivo di 500 euro di cui erano beneficiari i diciottenni. Tutto è legato alla cosiddetta «18app» che prevedeva, secondo il teorema investigativo, una destinazione d’uso ben differente. Il bonus, per gli inquirenti, infatti, sarebbe stato destinato a finalità culturali come libri, abbonamenti a teatri, musei e cinema, oppure iscrizioni a corsi di lingue straniere e musica. Su questo aspetto si sono catalizzate le indagini della Guardia di Finanza, che hanno toccato anche un piccolo esercito di studenti, qualcosa come settecento e anche più, ma solo dal punto di vista amministrativo perché non hanno superato il tetto dei 4 mila euro ciascuno. (Vincenzo Falci, Gds.it)