Pubblicato il: 12/01/2023 alle 09:38
Processo per un manipolo di «assenteisti». Così, almeno, li hanno ritenuti guardia di finanza e magistrati. Alcuni di loro sono stati poi licenziati. E ora è stato disposto il rinvio a giudizio. L’originaria ordinanza ha imposto a dieci, tra funzionari e dirigenti dell’Ufficio regionale gare di appalto, la sospensione dal lavoro per un periodo variabile da un massimo di un anno a un minimo di sei mesi. Poi annullata dal Riesame per un vizio procedurale. Perché applicata prima degli interrogatori di garanzia. Ora sono tredici in tutto gli imputati, mentre inizialmente erano quindici gli indagati e cinque di loro senza alcuna misura. E otto di loro poi sono finiti al centro di un provvedimento disciplinare della Regione con il licenziamento.
Sotto processo andranno Roberto Lauricella, 62 anni; Domenico Melilli, 65 anni; Gabriella Dell’Utri, 61 anni; Domenico Michele Bonelli, 66 anni; Alfonso Tumminelli, 62 anni; Marco Giovanni Bonura, 61 anni; Domenico Di Mare, 64 anni; Carlo Turco, 59 anni, per il quale la procura inizialmente aveva chiesto i domiciliari; Mario Sferrazza di 58 anni – tra le pieghe dell’ordinanza tutti destinatari, allora, di misura interdittiva – Salvatore Falzone, 69 anni; Paolo Licari, 64 anni; Onofrio Carmelo Schillaci, 61 anni e Gaetano Dibilio, 61 anni, gli ultimi quattro sono stati indagati senza alcun provvedimento a loro carico. A Bonelli e Falzone, dirigenti dell’Urega, al di là delle loro presunte assenze arbitrarie, è stata anche contestata la mancata vigilanza sugli altri dipendenti.
I tredici (assistiti dagli avvocati Giuseppe Panepinto, Walter Tesauro, Rosario Di Proietto, Michele Ambra, Annalisa Petitto, Daniele Osnato, Alessandra Maria Falzone e Davide Schillaci) sono stati tirati in ballo per le ipotesi di truffa aggravata e di false attestazioni o certificazioni in relazione alle presenze in servizio. Imputazioni che sono racchiuse, globalmente, in qualcosa come ventisette capi che sono stati al centro della richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal pm Simona Russo e accolta dal gup Emanuela Carrabotta. Le indagini dei finanzieri sono andate avanti per un anno, da novembre 2018 allo stesso mese dell’anno dopo. Secondo l’accusa gli indagati dopo avere timbrato o fatto marcare il badge da colleghi, si sarebbero allontanati per ore da lavoro per sbrigare faccende personali. E tantissimi episodi sarebbero stati documentati dalle fiamme gialle attraverso appostamenti, immagini registrate da videocamere-spia e intercettazioni. Per mesi i finanziari hanno filmato ogni singolo movimento dei dipendenti dell’ufficio regionale.
Tra loro v’è chi, secondo le risultanze investigative, su un turno di sei ore si sarebbe assentato dall’ufficio anche per quattro, cinque ore, magari per andare in banca o per la spesa o più semplicemente per starsene in giro per la città. In qualche caso avrebbero fatto ricorso anche a stratagemmi per coprire quelle lunghe assenze, come un ipotetico guasto dell’orologio marcatempo o fingendo di avere dimenticato il cartellino a casa. Tutto, per i finanzieri, in un clima di assoluta complicità. (Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia)