Pubblicato il: 14/04/2023 alle 09:09
(di Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) Condannata in appello per mafia e pizzo la «signora» di Cosa nostra a Riesi. E con lei anche un suo fratello e un nipote. Tutti a capo dello stesso clan Cammarata di Riesi. Colpevole anche un quarto imputato, ma per fatti di droga. Sconto di pena per tutti, in secondo grado, passando per l’intesa con la procura generale. A cominciare dalla sessantanovenne Maria Catena Cammarata che ha concordato adesso la condanna a 8 anni e 6 mesi di carcere, a fronte dei diciotto anni in primo grado per associazione mafiosa e richieste estorsive a un imprenditore agricolo riesino. Verdetto già in continuazione con una precedente sentenza di fine anni novanta sempre per mafia e per avere favorito la latitanza dei fratelli.
Colpo di forbice all’entità della pena anche per il fratello, il boss sessantaduenne Francesco Cammarata, che è sceso ora a 10 anni e 8 mesi di carcere – erano stati in precedenza sedici anni e 16 mila euro di multa – per estorsione. Anche per lui in continuazione con una precedente pronunciamento. Periodo detentivo ridotto anche per il quarantaseienne Giuseppe Cammarata – nipote di Catena e Francesco – che ha concordato 8 anni e 6 mesi di reclusione per associazione mafiosa ed estorsione, contro di tredici anni che gli sono stati inflitti dal tribunale nel giugno dello scorso anno.
Chiude il quadro l’ottantaduenne, pure lui riesino, Giuseppe Di Garbo con la pena, in continuazione, a 11 anni di carcere per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga e spaccio di stupefacenti. Nel primo passaggio in aula ha rimediato diciotto anni. Tra le pieghe del pronunciamento è rimasta ferma la condanna di Francesco Cammarata al risarcimento dei danni in favore della «Cantina La Vite sca» di Riesi (assistita dagli avvocati Oriana Limuti e Giuseppe Trigona) che – secondo l’accusa – sarebbe stata costretta a versare nella casse del clan Cammarata 30 milioni di lire l’anno. Poi, dopo il passaggio all’euro, la «messa a posto» è stata di 15 mila euro (l’anno).
Lo stesso Francesco Cammarata, la sorella Maria Catena, il nipote Giuseppe e Di Garbo, inoltre, dovranno indennizzare il Comune di Riesi (assistito dall’avvocato Annalisa Petitto) costituito pure parte civile. Così ha sentenziato la corte d’Appello nissena presieduta da Maria Carmela Giannazzo (consiglieri Alessandra Giunta e Giuseppe Tripi). Mentre a rappresentare l’accusa è stato il sostituto pg , Gaetano Bono. I quattro (assistiti dagli avvocati Carmelo Terranova, Danilo Tipo, Vincenzo Vitello, Flavio Sinatra e Giada Faraci) sono stati tra i coinvolti nel maxi blitz dei carabinieri, nome in codice «De Reditu», che ha inferto un duro colpo al clan Cammarata. Sì, perché nel luglio di cinque anni fa ha fatto scattare qualcosa come venticinque ordinanze di custodia cautelare, di cui venti in carcere, per le ipotesi, a vario titolo, di associazione mafiosa, omicidi, estorsioni e coltivazione e spaccio di stupefacenti.