Pubblicato il: 20/04/2023 alle 12:08
(di Marco Cusumano, Il Messaggero) Giorgia Castriota, giudice per le indagini preliminari del tribunale di Latina, è stata arrestata nell'ambito nell'ambito di un'indagine della Procura di Perugia. La giudice è attualmente in carcere. E' accusata, insieme a due collaboratori, a vario titolo di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità. In carcere anche Silvano Ferraro mentre ai domiciliari è finita Stefania Vitto, entrambi collaboratori nell’ambito di procedure di amministrazione giudiziaria. Nei confronti dei tre è stata eseguita un'ordinanza di custodia cautelare disposta dal gip del capoluogo umbro su richiesta della Procura.
«Il procedimento penale – scrive la Procura di Perugia in una nota firmata dal procuratore Raffaele Cantone – esso trae origine dalla denuncia presentata dal rappresentante legale pro tempore di diverse società, tutte riconducibili al medesimo gruppo operante nel settore della logistica, sottoposte a sequestro nell’ambito di un procedimento incardinato per reati tributari, presso la Procura della Repubblica di Latina.
L’imprenditore lamentava irregolarità e condotte non trasparenti che vi sarebbero state nella gestione dei compendi aziendali sequestrati e che, secondo quanto da lui prospettato, sarebbero state poste in essere dagli amministratori giudiziari e dal coadiutore, con l’avallo del giudice per le indagini preliminari. Le indagini sono state delegate ai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Perugia e sono in corso, da parecchi mesi, nel massimo riserbo.
LE INTERCETTAZIONI Attraverso l’esame di tabulati telefonici – scrive la Procura di Perugia – , servizi di osservazione, controllo e pedinamento, acquisizione di documentazione bancaria, disamina delle movimentazioni finanziarie dei soggetti coinvolti e, soprattutto, mediante l’espletamento di intercettazioni telefoniche ed ambientali – che, ancora una volta, sono risultate assolutamente determinati ai fini investigativi, per l’individuazione dei gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati – è stato possibile acquisire elementi gravemente indiziari dell’esistenza di una rete di rapporti amicali e di frequentazione fra i vari soggetti che, all’interno dell’amministrazione giudiziaria, hanno percepito e stanno tuttora percependo compensi particolarmente cospicui.
Secondo quanto emerso dalle investigazioni – continuano i magistrati di Perugia – il conferimento degli incarichi sarebbe avvenuto al di fuori di qualsiasi criterio oggettivo e soprattutto in contrasto con il disposto dell’art. 35, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 159/2011, il quale stabilisce il divieto di assumere il ruolo di amministratore giudiziario e coadiutore da parte di coloro che hanno, con il magistrato che conferisce l’incarico, una “assidua frequentazione”, intendendosi per tale “quella derivante da una relazione sentimentale o da un rapporto di amicizia stabilmente protrattosi nel tempo e connotato da reciproca confidenza, nonché il rapporto di frequentazione tra commensali abituali”. I particolarmente approfonditi accertamenti svolto – scrive la Procura – hanno disvelato – così come espressamente sottolineato dal Gip del Tribunale di Perugia nell’ordinanza cautelare – “…attraverso le intercettazioni telefoniche ed i riscontri documentali acquisiti, un quadro granitico di gravità indiziaria” facendo intravvedere “un chiaro quadro di accordo corruttivo e di vendita della funzione, nel quale soggetti nominati… [dal giudice] … all’interno dell’amministrazione, già legati … da rapporti personali pregressi, retrocedevano al Magistrato, sotto forma di contributo mensile ed altre regalie, parte del denaro… [che lo stesso giudice]…liquidava loro per l’adempimento degli incarichi”».
Il giudice di Latina Giorgia Castriota, secondio l'accusa, non solo avrebbe direttamente nominato ed agevolato il conferimento degli incarichi a persone con cui intratteneva rapporti personali consolidati, ma avrebbe percepito, sistematicamente, parte dei compensi in denaro liquidati dallo stesso Giudice nell’ambito dell’amministrazione giudiziaria o corrisposto, a titolo di compenso, dalle società sequestrate.
Nei capi di imputazione per i quali è stata emessa ordinanza cautelare sono contestate anche altre utilità (quali gioielli, orologi, viaggi e un abbonamento annuale per assistere in tribuna d’onore dello stadio Olimpico alle partite di una squadra calcio) che il giudice avrebbe percepito dai soggetti inseriti nell’amministrazione giudiziaria.
«Nella misura cautelare – spiega ancora la Procura di Perugia – sono, infine, indicati plurimi atti contrari ai doveri d’ufficio che il Giudice di Latina avrebbe tenuto nella la gestione delle società raggiunte da sequestri. Si tratterebbe, secondo quanto allo stato accertato, di condotte quali l’omessa vigilanza o la mancata denuncia di attività illecite da parte degli ex amministratori, ma anche di condotte attive, come l’intenzione di portare le società al fallimento e nominare curatori gli stessi professionisti, con lo scopo, verosimilmente, di mantenere il controllo sulla procedura e non perdere la fonte di guadagno oltre a quello di tutelare sé stesso da ingerenze esterne e da eventuali soggetti estranei, che avrebbero potuto evidenziare le criticità o la mala gestio dell’amministrazione giudiziaria».
Gli accertamenti investigativi non si limitano ai soli tre arrestati. Sono indagati anche altri due professionisti coinvolti nelle stesse amministrazioni giudiziarie.
Sono in corso da parte dei finanzieri del Nucleo PEF di Perugia, perquisizioni e acquisizioni di informazioni da persone informate sui fatti, «al fine di riscontrare se lo schema delineato nell’amministrazione giudiziaria oggetto di indagine sia già stato utilizzato in altri casi, con i medesimi risultati e con il coinvolgimento anche di altre persone».