(di Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) In nove andranno a giudizio per l’inchiesta sui presunti appalti truccati a Santa Caterina. Ma diverse imputazioni sono cadute. Altri quattordici imputati sono stati prosciolti. Così ha disposto il gup di Caltanissetta, David Salvucci, nei confronti di ex amministratori comunali, funzionari, tecnici e imprenditori finiti al centro di un’inchiesta su un presunto sistema corruttivo per la gestione degli appalti pubblici.
Sotto processo vanno l’ex sindaco Antonio Fiaccato che era stato ritenuto il dominus dell’intera vicenda, ma per lui è arrivato il colpo di spugna alle ipotesi di associazione per delinquere, concussione e più episodi di corruzione per i quali è arrivato il non luogo a procedere – e, ancora, il suo allora vice, Agatino Macaluso, la segretaria generale comunale Clara Lacagnina, l’ex assessore comunale allo Sport, Giuseppe Natale, l’ex capo dell’Ufficio tecnico Guglielmo Messina, il già assessore e consigliere comunale Calogero Rizza, gli imprenditori Giuseppe Cannavò amministratore e socio di «Uno@uno Differenziata srl», Gaetano Alfonso Ippolito amministratore della «Litos progetti srl» ed Eugenio Diego Salvaggio a capo della «Pa digitale Sicilia». Diversi i capi d’imputazione caduti per tutti cui il reato associativo e, passando per qualche differenziazione, anche episodi di concussione e corruzione.
I nove vanno a giudizio, a vario titolo, per induzione indebita a dare o promettere utilità, concussione, diversi episodi di turbata libertà degli incanti, più episodi di corruzione, falso in atto pubblico e abuso d’ufficio. Di contro sono stati prosciolti da ogni contestazione l’ex assessore comunale Alfonso Carvotta marito della vice presidente del consiglio di amministrazione della Calama società cooperativa sociale che avrebbe dovuto gestire una struttura sanitaria per anziani, l’allora presidente del consiglio comunale Cristina Rizza – figlia di Calogero andato a giudizio – il funzionario Salvatore Di Martino, l’ex consigliere comunale Daniela Seminatore – i suoi figli sarebbero stati uno presidente del consiglio d’amministrazione della coop Calama, l’altra consigliere – Giuseppe Lo Vetere titolare di una ditta, Massimo Falzone a capo della ditta «Max cantieri»,, Michele Amico amministratore di «Nuovo modulo srl»,, Giuseppe Bruno amministratore della «Antiqva domvs», Salvatore Pignato imprenditore del comparto edile, Giuseppe Riccardo Falzone procuratore speciale di «Nuovomodulo»,, Giuseppe Carsidona alla guida della «Carsidona Maro e figli srl», gli imprenditori Arcangelo Bruno e Luigi Baldi e il costruttore Pasqualino Giambra (assistiti dagli avvocati Giuseppe Dacquì, Alberto Fiore, Dino Milazzo, Ernesto Brivido, Walter Tesauro, Davide Schillaci , Pietro Pistone, Antonella Marino , Daniele Osnato Pietro Milano e Sergio Monaco).
La procura, attraverso il sostituto Dario Bonanno, aveva chiesto l‘apertura di un procedimento a carico di tutti gli imputati. Gli stessi che , nel luglio di tre anni fa sono rimasti coinvolti in un blitz anti corruzione di carabinieri e guardia di finanza che ha fatto scattare sedici misure cautelari tra arresti domiciliari, sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio, divieto di esercitare attività imprenditoriale o di ricoprire uffici direttivi di persone giuridiche, obbligo di soggiorno a Santa Caterina e sospensione dall’esercizio della professione. In totale sono stati trentadue gli indagati, perché altri sedici non è stata applicata alcuna misura.
Secondo la tesi di carabinieri, finanza e magistrati sarebbe stato messo su un sistema per la spartizione a tavolino degli appalti pubblici banditi dal comune caterinese, con uno stuolo di ditte compiacenti e un meccanismo corruttivo a più livelli. Ma il teorema accusatorio, alla fine, sembra avere perso diversi pezzi di puzzle iniziale alla base del blitz. (*VIF*)