Pubblicato il: 07/07/2014 alle 07:09
Boom delle tariffe negli ultimi dieci anni, con aumenti record fino all’85 per cento per acqua, rifiuti, pedaggi autostradali, trasporti urbani. E in questo caso la Sicilia non si salva. Secondo i dati di Federconsumatori, ad esempio, le tariffe idriche di Enna sono fra le più alte d’Italia. Da un monitoraggio effettuato su 112 città italiane nel capoluogo ennese, nel 2013, si è speso 369 euro annui a fronte di una media nazionale di 241 euro ( 6,3 per cento rispetto al 2012) per i consumi di una famiglia di tre persone (pari a 150 metri cubi di acqua). Più care di Enna solo Pisa, Siena e Grosseto. Catania fra le meno care con 138 euro di spesa media.
Sempre la Federconsumatori ci fornisce i dati relativi alla tassa sui rifiuti con aumenti nei capoluoghi siciliani compresi fra il 14,12 per cento di Siracusa e il 21,62 per cento di Palermo. Se nel 2012 una famiglia di tre persone che vive a Palermo in un appartamento di 100 metri quadrati ha pagato in media 218 euro di Tarsu, lo scorso anno la Tares è stata di 265,13 euro. Aumenti, sebbene più contenuti, che si sono registrati secondo Federconsumatori anche a Caltanissetta (da 242 a 290,33 euro, 19,97 per cento), Messina (da 245 a 293,48 euro, 19,79), Trapani (da 283 a 333,38 euro, 14,12), Siracusa (da 397 a 453 euro, 14,12). Spesa quasi sempre più alta rispetto alla media nazionale, pari 296,65 euro l’anno.
«Gli aumenti – dice il presidente regionale di Federconsumatori, Lillo Vizzini – , sebbene in Sicilia non siano al top rispetto alle altre città italiane, sono comunque ben oltre il tasso di inflazione. Questo diventa uno stillicidio del potere d’acquisto e le famiglie ne escono con le ossa rotte. Tutto ciò si traduce in un calo dei consumi, come confermano le previsioni che abbiamo elaborato per i saldi: anche quest’anno si prevede un calo del 4 per cento. La nostra è una delle regioni più falcidiate anche a causa dell’elevato tasso di disoccupazione».
I dati nazionalei, invece, riguardano dieci categorie di servizi e sono stati diffusi dalla Cgia di Mestre. Dal 2003 ad oggi, il prezzo dell’acqua potabile è cresciuto in Italia dell’85,2 per cento, quello della raccolta rifiuti dell’81,8. In crescita anche pedaggi ( 50,1 per cento); trasporti urbani ( 49,6), gas ( 47,2), trasporti ferroviari ( 46,5), energia elettrica ( 43,4), servizi postali ( 35,7), taxi ( 33,7). Calano solo i servizi telefonici, che registrano -15,9 per cento. Nello stesso arco temporale l’inflazione è cresciuta del 23,1 per cento.
Lo studio della Cgia di Mestre, basato su dati Istat, analizza anche gli aumenti dall’anno della liberalizzazione delle tariffe nei vari settori: in questo caso, vero e proprio boom per le assicurazioni sui mezzi di trasporto, lievitate del 197,1 per cento dal 1994 ad oggi. Aumenti fra il 19,9 per cento e il 62,7 negli alti settori. «Non siamo a favore di un’economia controllata dal pubblico – osserva il presidente dell’associazione degli artigiani di Mestre, Giuseppe Bortolussi – . Segnaliamo che le liberalizzazioni hanno portato pochi vantaggi ai consumatori». «I motivi degli aumenti – spiega il vicepresidente nazionale di Federconsumatori, Mauro Zanini – possono essere diversi. Teniamo conto ad esempio, per quello che riguarda luce e gas, dell’impennata del costo del petrolio: negli anni Novanta si pagava fra i 25 e i 30 dollari a barile, oggi siamo a 100 dollari, nel 2008 si è arrivati a 156 dollari. Per quanto riguarda l’acqua l’effetto è dovuto all’applicazione di un tariffario del ’96, approvato con il referendum del 2011, che ha permesso agli Ato di aumentare le tariffe. C’è da tenere conto anche di inefficienze e costi per la pletora di Ato che gravano sulla bolletta. Situazione analoga per i rifiuti, le difficoltà di molte aziende si traducono in aumenti per i cittadini. Pesano anche le clientele, le assunzioni indiscriminate».