Pubblicato il: 05/06/2018 alle 08:54
“Centri storici: storia, visioni ed esperienze operative di Caltanissetta e San Cataldo. Questo il titolo del convegno organizzato dall’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti al seminario vescovile. A relazionare, dopo i saluti di Marilia Turco Alletto e Padre Calogero Panepinto, guida spirituale del gruppo Ucid, gli architetti Daniela Vullo, dirigente della Soprintendenza e Responsabile dei benei architettonici e storico artistici, Fabio Cortese, responsabile settore edilizia, urbanistica e attività produttive del Comune di San Cataldo e Andrea Milazzo, architetto professionista, consigliere-segretario dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Caltanissetta. “Farò un riferimento a 130 anni addietro – ha spiegato Daniela Vullo – quando l’amministrazione comunale commissionò dei progetti per la sistemazione della Grande Piazza facendo un parallelo e un confronto con la situazione attuale. Oggi si parla di un progetto, che parte dal concorso di idee che fu realizzato 10 anni fa, non attuato fino in fondo ma solo parzialmente con un risultato sicuramente non omogeneo. Oggi si potrebbe sicuramente invitare i nisseni a scendere in piazza, non denigrare la nostra città, guardare sempre in alto perché abbiamo dei palazzi bellissimi e cercare di non piangerci addosso”. Si è soffermato sulla realtà di San Cataldo invece Fabio Cortese. “Illustrerò la storia di San Cataldo sin dalle sue origini, nel 1607, soffermandomi – ha spiegato Cortese – sul piano particolareggiato di recupero la cui finalità è quella di rendere abitabili quartieri che in passato furono dichiarati da trasferire. Questo è un importante strumento urbanistico che consente di operare prescindendo dal parere della Soprintendenza visto che già si è espressa per ogni singola unità operativa. Sul piano architettonico c’è da rendere esecutivo questo piano che prevede oltre al recupero delle abitazioni anche il recupero di molti luoghi di interesse comune e importanti interventi come ad esempio il ripristino della scalinata di via Cavour e altri luoghi interessanti del paese”. Andrea Milazzo ha parlato da architetto e da ex amministratore della città soffermandosi su indirizzi e prassi operative. “La città di Caltanissetta di fatto è in un momento di stallo – ha sottolineato Milazzo – perché i processi di cambiamento strutturali e concreti non si vedono neanche all’orizzonte. In questo momento occorrono degli interventi che devono fondarsi su studi, non su sensazioni soggettive, e su una constatazione quanto più possibile oggettiva dello stato delle cose. Oggi noi abbiamo un centro storico che per la parte prevalente è estremamente degradato. Abbiamo un patrimonio che ai tempi fu stimato per gli interventi di sola messa in sicurezza di 18 milioni di euro e crolli continui e questo presuppone che bisogna ripartire dalle idee che da un problema generino opportunità. In questo ci vuole una visione di città diversa che abbia anche come punto di vista la sostenibilità finanziaria dei processi di trasformazione. Oggi parlare solo di centro storico in un momento in cui c’è un decremento demografico, un decremento dell’attività economica è riduttivo e quindi il centro storico va rivisto nel sistema città e approcciando tutte le fonti di finanziamento possibili e il consenso dei cittadini che è altrettanto importante. In merito alla chiusura del centro storico la mia idea è che va chiaramente pedonalizzato. Il problema è che bisogna ovviamente applicare le proprie teorie nel contesto. Il contesto è un sistema commerciale fragile che sta soffrendo questa situazione perché di fatto i commercianti stanno registrando dei dati negativi, dall’altro lato ci sono delle buone iniziative che si stanno generando e bisogna valutare qual è il saldo tra negativo e positivo di questa esperienza. E’ chiaro che tutto ciò è insufficiente, non può essere un baluardo ma occorre realizzare interventi strutturali per poter rendere questa pedonalizzazione effettivamente strumentale a un processo di riqualificazione. Pedonalizzare il deserto diventa un vessillo non un’azione concreta”.