Pubblicato il: 29/11/2023 alle 11:17
Buongiorno, mi chiamo A.I., ho 37 anni e sono un’odontoiatra di Caltanissetta, città dove esercito la mia professione da 13 anni. Vi scrivo per raccontarvi un evento di cronica che purtroppo, o per fortuna, non è comparso su tutti i giornali locali e nazionali solo perché questa volta, aggiungerei fortunatamente, non ci è scappato il morto, come si dice dalle nostre parti. Sabato sera 25 Novembre c.a., intorno le 22.50 ero in macchina sulla nostra formidabile A19 in direzione Catania, strada che vogliamo chiamare autostrada ma che presto avrà più lapidi che catarifrangenti, in ritorno da Palermo.
Nel buio più pesto, prossimi all’uscita di ponte cinque archi viaggiavamo a una velocità più che moderata, sicuramente sotto i 100 km/orari, dato di marcia che ovviamente non possiamo provare in nessun modo se non con la nostra presenza ancora sulla terra. Mentre eravamo sulla corsia di marcia improvvisamente avvistiamo un intero albero che occupa tutte e tre le corsie di marcia, l’urto è stato inevitabile, un vero e proprio trampolino di lancio che ci ha proiettati sul guardrail e, di rimbalzo, nuovamente sulla corsia per un tratto interminabile fin quando l’attrito sull’asfalto ha fermato l’auto che ormai era mancante di ruota e della porzione sottostante.
In auto con me viaggiava mia sorella R.I. e il mio compagno M.D.M.. Tutti e tre sotto shock siamo scesi subito dall’auto anche con qualche difficoltà provando a metterci in sicurezza con la paura che altre auto nel buio pesto, non vedendoci, potessero travolgerci. In lontananza ben evidente l’intero albero, ora diviso a metà dall’urto stava ancora li, in zona pericolosa. Vedendo dei fari in lontananza abbiamo cominciato ad accendere le torce dei cellulari per segnalare la nostra presenza e soprattutto far rallentare la loro corsa, non conoscendo lo stato di viabilità delle corsie.
Queste macchine si sono poi fermate. Sono stati chiamati i soccorsi, io mi sono sentita molto male, mostravo tutti i segni dell’impatto e sono stata trasportata in codice giallo in ospedale insieme al mio compagno che mostrava chiari segni di impatto sul volto e sul corpo. Mia sorella, seppur sotto shock, è rimasta sul luogo in attesa dell’arrivo della polizia, la quale ha chiamato il carroattrezzi, fatto i rilievi, meravigliandosi che ancora eravamo tutti su questa terra. Evento ovviamente straordinario, ricordiamo perfettamente cosa è successo al collega medico poco tempo fa in viaggio di ritorno da Cefalù sempre a causa di un albero in autostrada.
Tutto è bene quel che finisce bene, certo, se finisce bene. Infatti il mio compagno esce con una prognosi di 6 giorni io con una prognosi di 10 che ad oggi è peggiorata avendo riscontrato ulteriori danni fisici, ma la cosa più straordinaria è scoprire che le assicurazioni auto non riconoscono alcun danno, anzi, che dobbiamo provvedere noi stessi a procedere legalmente contro l’ANAS che, oltre al danno anche la beffa, ci chiede i danni sul guardrail. I danni sul guardrail? Da non crederci, noi cittadini Italiani abbiamo rovinato una struttura pubblica? Noi a causa dell’incuria della stessa ANAS abbiamo rischiato la vita, perché come gli stessi operai ANAS accorsi sul luogo dell’incidente per rimuovere l’intero albero dicevano, quegli alberi dopo giorni di pioggia e vento erano pericolosi ma ovviamente anche loro non confermeranno ufficialmente quello detto quella sera.
Vogliamo poi parlare di questo fantastico numero unico di emergenza? Ci sono voluti più di 20 minuti dalla nostra chiamata all’allerta alla pattuglia della polizia che poi in altri 10 minuti è arrivata sul luogo dell’incidente, stessa cosa per ambulanza: 30 minuti in cui un ferito grave sicuramente non poteva salvarsi. Vogliamo parlare delle condizioni di visibilità notturna? Strisce evidenti su asfalto solo in teoria, catarifrangenti assenti, continui cantieri, alberi di eucalipto dovunque sul ciglio della strada. Cosa stiamo aspettando ancora per intervenire su delle falle enormi? Vogliamo parlare del fatto che la mia macchina non è riparabile e vengo considerata io la colpevole?
Noi tre siamo qui, testimoni di un miracolo ma non possiamo con non curanza andare avanti, dobbiamo provare a cambiare le cose perché su quella macchina potrebbero esserci un domani i nostri figli, i nostri nipoti, i nostri genitori e non possiamo permettere che fatti così gravi passino in sordina, anzi vengano fatti pagare a chi colpe sicuramente non ne ha. Se i morti in questo caso non sono bastati, saremo noi sopravvissuti con il vostro aiuto a dare un contributo.