Pubblicato il: 10/09/2022 alle 10:39
Minacce a diciassette fra medici, infermieri e personale paramedico per convincerli a rinunciare ad azioni civili risarcitorie nei confronti dell’Azienda sanitaria provinciale di Agrigento. L’ex direttore generale Salvatore Lucio Ficarra, adesso a capo dell’Asp di Siracusa, e il direttore delle Risorse umane Loredana Di Salvo finiscono a processo per violenza privata in concorso, ma alcune mancate notifiche a un difensore azzerano tutto e fanno ripartire da capo il procedimento.
Il pubblico ministero della procura di Agrigento, Paola Vetro, ha disposto la citazione a giudizio. In sostanza, trattandosi di reati con una pena prevista che non supera i 4 anni, non si celebra l’udienza preliminare ma è direttamente il pm a disporre il processo. La prima udienza era stata fissata, davanti al giudice monocratico Fulvia Veneziano, per questa mattina. La difesa ha fatto presente che sia la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini che il successivo provvedimento che dispone la citazione a giudizio non sono stati notificati a uno dei legali indicati, con la conseguenza che la procura, alla quale sono stati restituiti gli atti, dovrà adesso istruire il nuovo processo.
I fatti al centro della vicenda risalgono al dicembre del 2016. Diciassette le «persone offese» individuate, ma si tratta di un reato procedibile d'ufficio, tanto che nessuno di loro ha presentato una denuncia per questi fatti, ma all’imputazione si arriva a conclusione di un iter complesso. L’indagine, che ipotizzava anche altri reati, fra i quali l’abuso di ufficio, era stata avviata sei anni fa in seguito agli esposti di un sindacato, sollecitato da un’infermiera iscritta, che segnalava delle irregolarità gestionali e svariati favoritismi. Fra i tanti segmenti di inchiesta, poi in gran parte archiviati, scaturiti dagli esposti, uno riguardava una lettera, un modulo prestampato che era stato sottoposto a medici e altro personale paramedico precario che, in sostanza, sarebbero stati obbligati a sottoscrivere contestualmente al rinnovo dei contratti. In questo modo il direttore generale dell’Asp e il capo delle Risorse umane «con minaccia – è l’atto di accusa del pm Paola Vetro – consistita nell’avere prospettato il mancato rinnovo contrattuale al personale a tempo determinato, li costringevano a rinunciare alle azioni civili risarcitorie connesse alla durata del rapporto di lavoro attraverso l’imposizione della sottoscrizione di un modulo prestampato di rinuncia e dietro minaccia di mancato rinnovo». I difensori dei due imputati, gli avvocati Antonino Gaziano e Rosa Salvago, prima dell’eventuale apertura del dibattimento, potranno chiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento.(Gerlando Cardinale, Gds.it)