Pubblicato il: 27/09/2021 alle 14:13
A Mazzarino il pericoloso e potente clan dei Sanfilippo, imponeva il pizzo a tappeto. Non si salvava nessuno e se qualcuno osava ribellarsi veniva punito. E’ quanto emerge dalle carte dell’inchiesta denominata “Chimera” culminata con 55 misure cautelari, condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Caltanissetta e coordinata dalla Dda nissena. Un blitz che ha permesso di azzerare la famiglia Sanfilippo che si è macchiata di diversi reati, dagli omicidi alle estorsioni, dal traffico di stupefacenti alla detenzione di armi oltre che di vari gesti intimidatori nei confronti delle vittime. Pagavano tutti: dal titolare del supermercato al barbiere, dal pescivendolo al commerciante di mobili, dalle imprese edili agli agricoltori. E tutti avevano paura a ribellarsi, tutti temevano i metodi mafiosi del clan.
Del resto a comandare era lui, il capo indiscusso della cosca, Salvatore Sanfilippo, che pur essendo detenuto, tramite i suoi familiari ed in particolare mediante le fedelissime donne della sua famiglia, riusciva ad impartire gli ordini. Il settore delle estorsioni, al pari di quello degli stupefacenti, rappresentava un punto fermo per il sostentamento economico sia di boss e affiliati al clan, sia dei familiari dei detenuti.
Nel corso di un colloquio al carcere di Sulmona, dove Salvatore Sanfilippo si trova detenuto, la sorella del boss, definisce i commercianti “infami”, perché hanno preso coraggio e sono pronti a rivolgersi alle forze dell’ordine. Il boss, rivolgendosi alla sorella, le chiede quali novità ci fossero in paese. La donna risponde sostenendo che non sono più i tempi di una volta. I commercianti sono in crisi. Gli infami, li definisce, non hanno più paura a denunciare eventuali richieste estorsive. Il boss replica che adesso commercianti e imprenditori si rivolgono alle associazioni antiracket.