(Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) Bocce cucite. È dietro il silenzio che si sono trincerati i sospetti componenti di una rete organizzata che, nell’area di Riesi, avrebbe fatto affari d’oro con cocaina, marijuana e hashish. Tutti finiti al centro di un blitz dei carabinieri. Nel gran calderone dell’inchiesta anche episodi di tentata estorsione ed estorsione nei confronti di chi non aveva saldato debiti di droga. Sette dei dieci arrestati – loro sono in carcere, altri due ai domiciliari – si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. A cominciare da Calogero Giordano, 35 anni, ritenuto l’anima della presunta organizzazione, il cugino, Carmelo Giordano inteso «Carlo» di 27 e pure lui indicato ai vertici del gruppo, il cognato di quest’ultimo, Salvatore Cammarata di 29 anni, Salvuccio Correnti, 27 anni, Giuseppe Di Leo di 40, Massimo Franco Maurici di 48 e Vincenzo Pirrello, 28 anni.
Solo uno di loro s’è difeso, Gabriele Giordano di 29 anni, fratello di Calogero. «Ho letto l’ordinanza – ha spiegato durante l’interrogatorio di garanzia al gip Grazia Luparello – ma non c’entro nulla con tutto quello che mi contestano… non ho commesso niente… sono innocente e totalmente estraneo». Completano il quadro dei coinvolti nel blitz, Maria Rosa Marino, 49 anni, madre di «Carlo» e Pietro Patermo di 31, entrambi ai domiciliari. Altri due sono attualmente latitanti. A carico degli indagati (assistiti dagli avvocati Raffaele e Riccardo Palermo, Elisabetta Ascone, Carmelo Terranova, Giovanni Sanfilippo, Flavio Sinatra, Giacomo Vitello e Giovanni Maggio) carabinieri e Dda hanno ipotizzato i reati, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga, spaccio, tentata estorsione ed estorsione. E uno di loro, «Carlo» Giordano, anche di detenzione illegale di una pistola Beretta.
Sarebbe stato il presunto capo, Calogero Giordano, a tirare le fila dal carcere. Ed è proprio da un suo precedente arresto per 4 chili di marijuana che è partita l’inchiesta per un business gestito in famiglia. E sarebbero partite minacce, e pure botte, a chi non pagava la droga, pur di costringerli a saldare. Mettendoci dentro anche un manto mafioso. Come uno degli episodi al centro dell’ordinanza. Quando – ha raccontato Di Leo ignaro di essere intercettato – avrebbe ammesso di avere gravemente minacciato «u cinisi» per dosi non pagate. «L’ho acchiappato… vedi che poi lo sai come siamo messi… vedi che siamo dentro le “famiglie”… non fare l’infame… non c’è gente che mi fa spaventare che c’è la mafia… io più mafia di te ho… sono capace che vado fino da tuo padre e cafuddu pure tuo padre».