Pubblicato il: 17/01/2023 alle 17:32
Boom di bimbi ricoverati per bronchiolite anche nel reparto di Pediatria dell'ospedale Sant'Elia di Caltanissetta. Nel capoluogo, così come in altre parti della regione, si è registrato un incremento del numero di bimbi colpiti da virus respiratorio sinciziale che hanno bisogno di cure ospedaliere. Una trentina da inizio novembre quelli ricoverati quando negli anni passati, e prima del covid, ne venivano ricoverati 15 o 20 in tutto il periodo invernale. Al momento su 12 bimbi ricoverati al Sant'Elia, 9 di loro hanno bronchioliti o insufficienza respiratoria acuta come complicanza di altri virus. Ieri un bimbo di pochi giorni, con una insufficienza respiratoria severa, è stato trasferito all'Unità di Terapia Intensiva Neonatale di Agrigento.
"Quest'anno – spiega Giovanni Chiara, primario del reparto di Pediatria – i casi di bronchiolite sono arrivati in largo anticipo, già a novembre, quando invece in epoca precovid cominciavamo a vederli a gennaio o febbraio. Durante il lockdown questi casi erano quasi scomparsi per via delle misure di distanziamento e l'utilizzo delle mascherine che hanno generato una scarsa circolazione del virus. Adesso invece cominciamo a vedere tanti casi. La bronchiolite può essere causata da vari tipi di virus, il principale responsabile normalmente è il virus respiratorio sinciziale. Anche i virus influenzali o il covid possono causare insufficienza respiratoria simile alla bronchiolite".
Ma quali sono i sintomi ai quali prestare attenzione? "Dispnea, respiro faticoso o rumoroso, notevole secrezione di muco, tosse. Di solito – spiega il primario – non c'è febbre o se c'è sale di qualche linea. La difficoltà respiratoria rendono difficile anche l'assunzione di cibo o di liquidi quindi i bambini possono andare incontro a disidratazione o denutrizione. In ospedale bisogna andare se si vede che il bimbo fa fatica a respirare, è in sofferenza, può essere poco reattivo o avere un colorito particolarmente pallido". Ad essere colpiti dalla bronchiolite sono i più piccini. "Per definizione – continua il medico – la bronchiolite colpisce i bimbi sotto un anno di età. Abbiamo avuto qualche caso sotto il mese di vita, come ieri quando abbiamo trasferito un bimbo all'Utin di Agrigento".
"La prevenzione – spiega Giovanni Chiara – è difficile così come per tutte le infezioni che si trasmettono per via aerea. Andrebbero evitati luoghi affollati al chiuso o il contatto con persone raffreddate. Spesso ad essere colpiti sono i bimbi con fratellini e sorelline che vanno già all'asilo. Per quanto riguarda la terapia le forme lievi possono essere curate a casa affidandosi al Pediatra. Non è di solito necessario l'impiego di antibiotici, così come per quanto riguarda le forme virali. Sarà poi il medico a giudicare se c'è il rischio di una complicanza batterica e quindi se sia il caso di somministrare o meno l'antibiotico. I bimbi che vengono ricoverati, invece, vengono sottoposti a una terapia di supporto, in quanto non esistono farmaci specifici: idratazione, se necessitano di flebo, ossigeno supplementare se hanno insufficienza respiratoria. La guarigione è lunga sia per i bimbi che vengono curati a casa che per i piccoli pazienti che vengono curati in ospedale che a volte possono stare anche 10 giorni".
Ma l'aumento dei casi non riguarda solo la bronchiolite. "Quest'anno – spiega il primario – abbiamo anche molti casi di bimbi ricoverati a causa dell'influenza australiana. La febbre che perdura per diversi giorni preoccupa spesso i genitori. L'influenza nei bimbi può portare complicanze con infezioni batteriche alle alte e basse vie respiratorie, e abbiamo visto anche qualche polmonite. A volte è lo stesso pediatra che indirizza i genitori in ospedale quando si rende conto che i sintomi non sono curabili a domicilio. Molti bimbi hanno febbre alta, anche fino a 40 e di lunga durata e a volte la tachipirina non riesce a tenerla bassa. Questo però non è sempre un male perché la febbre è uno strumento che l'organismo utilizza per tenere a bada l'infezione. Altri sintomi sono tosse, difficoltà respiratorie o ad alimentarsi e il rischio di disidratazione. Anche in questo caso utilizziamo una terapia di supporto tranne per quei casi che necessitano di antibiotico. Devo dire – aggiunge il medico – che l'influenza australiana ha una sintomatologia molto impegnativa. Con il lockdown e l'uso delle mascherine la popolazione non si è immunizzata e quindi adulti e bambini sono più vulnerabili. Si può prevenire con il vaccino antinfluenzale che è indicato sia per le mamme in gravidanza che per i bimbi a partire da 2 anni di età, soprattutto per quelli più fragili. Anche per il virus sinciziale c'è una possibilità di prevenzione che è la somministrazione di un anticorpo monoclonale, da somministrare una volta al mese, ma solo per i neonati prematuri che saranno sottoposti a terapia in ospedale".