Pubblicato il: 05/03/2024 alle 20:48
La Corte d’Appello di Caltanissetta, presieduta dal giudice Giovanbattista Tona, ha dichiarato chiusa l’istruttoria dibattimentale del processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio invitando le parti a concludere. Per la Corte, che ha acquisito gli atti prodotti dalla Procura generale – tranne la relazione della Guardia di Finanza sui conti dell’ex dirigente della Squadra mobile Arnaldo La Barbera – non sarà necessario sentire Vincenzo Scarantino, il falso pentito che, secondo la ricostruzione dell’accusa, fu imbeccato dai tre imputati, i poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, per costruire una falsa verità sulle stragi. La prossima udienza è fissata il 26 marzo, alle 9.30, all’aula bunker del carcere Malaspina.
Gli avvocati Giuseppe Panepinto e Giuseppe Seminara – legali dei tre poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, imputati dinanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta nell’ambito del processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio – si erano opposti alla produzione, da parte della procura generale della documentazione inerente l’omicidio del poliziotto Nino D’Agostino e la documentazione bancaria rinvenuta in casa della vedova del dirigente della polizia di Stato Arnaldo La Barbera sui versamenti eseguiti sul conto corrente di quest’ultimo.
La Barbera, scomparso nel 2002, fu a capo del gruppo di indagine Falcone-Borsellino. Gruppo dei quali i tre poliziotti, accusati di calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa Nostra, facevano parte. Nella scorsa udienza il procuratore generale Maurizio Bonaccorso aveva parlato di un totale di 97 milioni di vecchie lire versati sul conto corrente di La Barbera da quest’ultimo e dei quali non si conosce la provenienza. “Noi non prestiamo il consenso alla produzione di nessun documento – ha detto l’avvocato di Mario Bo, Giuseppe Panepinto – si tratta di ricostruzioni parziali e ipotetiche che non hanno rilevanza in questo processo. Non sappiamo se per esempio La Barbera facesse scommesse o facesse altro. Possiamo solo ricostruire che ci sono 14-15 missioni al mese per la quale c’erano almeno 1 milione o un milione e mezzo a missione di rimborso spese. Credo che sia ora di porre un freno a far entrare in questo processo elementi che non riguardano gli imputati. Si devono valutare elementi che abbiano concretezza e sui quali gli imputati devono poter rispondere. Pertanto da parte nostra c’è una opposizione ferrea e totale alla produzione di questa documentazione che non ha nulla a che vedere con questo processo e che serve solo a introdurre ulteriori dubbi e sospetti”. Dello stesso avviso l’avvocato Seminara: “Gli elementi forniti dal procuratore generale – ha detto l’avvocato Seminara – sono suggestivi e privi di fondamento. La stessa relazione riconosce che non c’è contezza di tutti i conti di La Barbera. Ricordo che negli anni di cui parlaimo, dal ’90 al ’93, rimborsi spese, indennità e straordinari al capo della Squadra Mobile venivano pagati in contanti”. La corte, presieduta dal giudice Giovanbattista Tona si è ritirata per decidere.