(di Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) Colpo di spugna a due condanne per la “cresta” sulle buste paga. Sono state annullate, seppur con rinvio, per due ex commercianti nisseni accusati di estorsione a tre loro dipendenti. Il verdetto è arrivato dalla Cassazione che ha accolto il ricorso presentato dai loro legali, rimandando di nuovo gli atti alla corte d’Appello di Caltanissetta per un nuovo processo. Il quarto, complessivamente, quello che dovrà celebrarsi a carico di Gaetano Abate, 71 anni e la moglie, la Laura Piscopo di 67 (difesi dagli avvocati Alfredo Danesi, Giuseppe Fussone e Michele Ambra) che nel primo appello, nel novembre di due anni fa, sono stati condannati a 3 anni e 5 mesi, oltre a una multa di 700 euro e il risarcimento dei danni in favore delle parti civili.
Ruolo, questo, rivestito da tre loro ex dipendenti, Rita Daniela Sabatino, Valeria Pennisi e Rosa Maria Lo Cascio (assistite dagli avvocati Dino Milazzo, Cristian Morgana e Martina Vurruso). I due commercianti in primo grado sono stati assolti. Poi, nel secondo passaggio in aula, la sentenza è stata sovvertita e, adesso, la seconda sezione penale della Suprema Corte, come chiesto pure dalla procura generale della Capitale, ha rimesso tutto in discussione.
Moglie e marito erano, lei ex amministratrice della «Almas srl» e lui socio della stessa ditta che operava nel campo dell’abbigliamento, al dettaglio e all’ingrosso. Per oltre un paio di anni, dal 13 gennaio 2011 fino a quando, nel marzo del 2013, è arrivato il licenziamento per cessata attività, le tre lavoratrici sarebbero state alle dipendenze della «Almas». Ma, secondo l’accusa, sarebbero state costrette a restituire parte dello stipendio loro pagato. E in più avrebbero lavorato a tempo pieno pur essendo inquadrate con contratti part-time. E anche molte ore di lavoro straordinario non sarebbero state retribuite.