(di Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) Da aspirante attore porno a imputato per abusi sessuali. E se nei primi due gradi del giudizio è stato condannato, ora la Cassazione ha annullato con rinvio per un nuovo processo. Sullo sfondo, aspetto che non sarebbe secondario, un precedente incidente stradale che lo ha tenuto un anno in coma. E così quel sogno da divo dell’hard, alla fine miseramente fallito, piuttosto ha finito per metterlo poi nei guai.
Già perché lui, un trentenne di Bompensiere S.G. (assistito dall’avvocato Vincenzo Vitello) nel viaggio di ritorno, sul pullman da Catania al capoluogo nisseno, avrebbe adocchiato una ragazza che, secondo la sua versione, «lo aveva provocato». Così si sarebbe avvicinato a lei e, d’improvviso, l’avrebbe palpeggiata allungando le mani sotto la gonna. E, nonostante la reazione inferocita del fidanzato di lei, il trentenne, lì sull’autobus, si sarebbe poi iniziato a masturbare. Il conducente ha subito arrestato il mezzo, chiamando la polizia che ha poi prelevato quel passeggero “molesto” per trasferirlo al commissariato di Catania. Ma in quella circostanza non è stato arrestato. È stato poi sottoposto a perizia che lo ha riconosciuto incapace d’intendere e volere al momento dei fatti. Una seconda, invece, no.
Successivamente la procura ha chiesto l’archiviazione ma il gip, piuttosto che pronunciarsi in tal senso, ha emesso una ordinanza nominando un altro medico legale per sottoporre il giovane ad altri accertamenti psichici. Ma l’indagato, da quel consulente tecnico, non si sarebbe mai presentato, così da indurre l’esperto a giungere alla conclusione che, invece, in tal modo avrebbe espresso capacità. Il trentenne è stato poi processato con il rito abbreviato e condannato a 4 anni e 8 mesi. Poi, in appello, la Corte , presieduta da Maria Carmela Giannazzo, gli ha ridotto la pena a 2 anni e 2 mesi, ma riconoscendo la sua capacità di stare in giudizio.
In ultima istanza è stata la Cassazione, adesso, ad annullare il precedente pronunciamento rimandando gli atti a una diversa sezione d’appello per un nuovo processo. Il colpo di spugna sarebbe arrivato per errore logico della sentenza. Secondo la difesa vi sarebbe stata una contraddizione tra la mancata effettuazione della consulenza, perché l’indagato non si era presentato e, di contro, la deduzione, da parte dell’esperto, che per questo sia stato capace d’intendere e di volere.