Pubblicato il: 18/05/2019 alle 23:04
Ho atteso qualche giorno con la speranza che il segretario provinciale del mio partito, mosso da un sussulto d’orgoglio, proferisse qualche parola circa la disfatta elettorale del PD alle amministrative di Caltanissetta.
Il risultato delle amministrative è figlio, oltre che di scelte politiche sbagliate, di una gestione del partito personalistica, che non ha mai previsto alcuna discussione negli organismi preposti, convocati solamente se non era possibile farne a meno.
Questa volta la disfatta è talmente “fuori misura” che non si può fare finta di niente e continuare come se nulla fosse successo. Per la prima volta, nella storia della politica nissena, nessun rappresentante dell’area di centrosinistra siederà tra gli scranni di Palazzo del Carmine. Ognuno di noi ha delle responsabilità e di certo non voglio sottrarmi alle mie, nella qualità di dirigente e di ex Consigliere Comunale.
Ma non intendo farmi carico di alcune scelte scellerate, che ho contestato da subito, assunte dal Partito Democratico: a partire dalla decisione (significativamente presa, a maggioranza, il giorno prima della celebrazione delle primarie!) di presentarci ai cittadini senza il nostro simbolo, rinunciando così alla nostra identità ed alla nostra storia. Un partito non può e non deve nascondersi dietro al paravento di una presunta lista civica, ma si deve presentare di fronte agli elettori a schiena dritta, con i pregi ed i difetti che ne hanno caratterizzato la sua attività, politica ed amministrativa.
Anche sulla composizione della lista, tenuta top secret fino al giorno prima della presentazione, si dovrebbe spendere qualche parola, ma oggi mi limito a ringraziare tutti i candidati al consiglio comunale che si sono spesi, raggiungendo peraltro risultati molto più che soddisfacenti. Complessivamente, il PD ha pagato la presenza di una decina di candidati inseriti solamente per riempire la lista, frutto di una scelta che, nella mente di qualche illuminato dirigente, mirava ad eleggere al massimo uno o due consiglieri vicini, ed escludere chi fosse meno allineato.
Con scelte diverse e più coraggiose, oggi, probabilmente, potremmo contare su una rappresentanza in Consiglio Comunale. Scelte coraggiose che per fortuna, il Partito Democratico, negli ultimi mesi, sia a livello regionale che nazionale, sta assumendo: mi riferisco in particolar modo al tentativo di costruire un ‘campo largo’ che veda insieme forze europeiste, progressiste e democratiche ed in questo senso le candidature di Pietro Bartolo e di Giuliano Pisapia sono un segnale incoraggiante per il futuro del partito.
Segnali purtroppo in netta contrapposizione con quanto avvenuto nella nostra provincia, laddove siamo stati protagonisti di alleanze anomale, in netto contrasto con quanto avviene nel resto d’Italia. Pur rispettando le scelte dei dirigenti gelesi, che peraltro stimo ed apprezzo per l’impegno profuso in questi anni, non posso e non voglio immaginare un patto del Nazareno in salsa sicula. E il tentativo di contrastare le forze sovraniste e populiste non può giustificare un’alleanza che, per quanto mi riguarda, non è un modello presente e futuro.
Oggi più che mai vi è bisogno di un impegno, civico e politico, di un’area riformista e progressista che, con la forza delle proprie idee, la cultura e la conoscenza, sappia contrastare le forze sovraniste che stanno fomentando odio nel nostro paese. E’ necessario che il PD, anche a Caltanissetta, torni ad occuparsi del disagio sociale ed economico, discutendo ed affrontando i problemi dei cittadini, oggi evidentemente stanchi e delusi dalla politica (le percentuali sull’astensionismo dovrebbero far riflettere tutte le forze politiche).
Perché ciò avvenga, è però necessario che tutto venga azzerato e che si ricostruisca, dalle macerie, un partito ad oggi dilaniato da guerre intestine, alimentate da chi ha fatto del ‘divide et impera’ quasi una ragione di vita. Per fortuna, anche nella nostra provincia vi sono dirigenti ed amministratori, preparati e seri, sui quali investire in prospettiva e da cui ripartire senza condizionamenti di sorta.
Caro segretario, in conclusione provo a semplificare: nello sport, quando una squadra retrocede senza vincere nemmeno una partita, sai cosa accade? Che l’allenatore si dimette, assumendosi la responsabilità del tracollo. Io, in questi anni, le partite le ho disputate da giocatore, compiendo innumerevoli errori. Di questa disfatta, in fondo, mi sento corresponsabile, nonostante non abbia condiviso molte delle scelte ‘tattiche’ degli ultimi mesi.
Per tale ragione, a partire da oggi, mi dimetto da ogni carica, cittadina e provinciale, in seno agli organismi di partito.
La mia speranza, che probabilmente rimarrà tale, è che l’allenatore, nonché capitano, sappia seguire l’esempio, assumendo finalmente una decisione che lo riscatterebbe da una gestione del partito della quale, personalmente, non sentirò la mancanza.
Francesco Dolce