Pubblicato il: 21/07/2017 alle 08:41
"Il fatto non sussiste". Arriva l'assoluzione con la formula più ampia per i medici del pronto soccorso del presidio ospedaliero Sant'Elia Michele Licata 66 anni e Giuseppe Narbone, 64 anni, che si sono visti cancellare l'accusa di omicidio colposo dal giudice monocratico Valentina Balbo. Si chiude così un'altra vicenda giudiziaria che aveva portato al rinvio a giudizio di personale della struttura sanitaria nissena dopo la denuncia dei parenti di pazienti. Non c'era dunque stata né disattenzione né negligenza da parte dei due professionisti quando si occuparono del sancataldese Calogero Cravotta, arrivato in ospedale con una crisi respiratoria e poi deceduto il 27 aprile 2011 per un infarto. Dal processo, passato attraverso diverse perizie e consulenze medico-legali, era infatti emerso che il paziente era stato controllato con attenzione e che la crisi respiratoria era poi passata. Inoltre i due medici avevano anche provveduto a far sì che Cravotta fosse tenuto per 24 ore sotto osservazione e non erano emersi, in quell'arco di tempo, problemi cardiaci. L'infarto sarebbe quindi stato una conseguenza del tutto imprevista, e inoltre il paziente soffriva di problemi ai bronchi e in passato gli era stato impiantato uno stent cardiaco. Ricostruzione che ha spinto anche il pubblico ministero Maurizio Bonaccorso a chiedere l'assoluzione dei due medici nisseni; sulla stessa lunghezza d'onda l'arringa dell'avvocato difensore Giacomo Butera, il quale ha sottolineato come Narbone e Licata avessero compiuto correttamente tutte le procedure per curare un paziente con problemi respiratori, senza tralasciare anche i controlli a livello cardiaco visto che proprio da questi ultimi non erano emersi, per 24 ore, problemi al cuore. Il legale dei due medici ha inoltre sottolineato come tutti questi dati siano emersi sia dalla consulenza di parte fatta eseguire dalla difesa, che dal collegio di periti incaricato dal giudice per chiarire ogni dettaglio. Ora si attende che la giudice Valentina Balbo depositi le motivazioni della sentenza. (Vincenzo Pane, La Sicilia del 20 luglio 2017)