Pubblicato il: 17/07/2023 alle 09:28
Processo per due medici finiti tra le maglie di un maxi blitz antimafia che ha dato scacco alla Stidda di Mazzarino. Ma non è per mafia che i due professionisti saranno processati. Sono al centro di vicende satelliti legate all’inchiesta madre che, nel settembre di due anni fa, ha fatto scattare 55 provvedimenti cautelari eseguiti dai carabinieri. Tra questi 3 misure interdittive, due delle quali – poi annullate dal Riesame – hanno interessato a quel tempo proprio i due medici.
Gli stessi che adesso sono stati sono stati rinviati a giudizio, il settantaduenne Salvatore Sanfilippo e il sessantaduenne Giuseppe Fanzone (assistiti dagli avvocati Carmelo Terranova, Carmelo Brentino e Giada Faraci), entrambi convenzionati con il Servizio sanitario nazionale. È per truffa e falsità ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici che la Procura, in particolare il pm Mario Calabrese, ne ha chiesto e ottenuto dal gup Roberto Riggio il rinvio a giudizio di entrambi.
È al rilascio di certificazioni mediche per malattia che è legata la parte del dossier, nome in codice «Chimera», che li ha riguardati. Vicende, tra gennaio e febbraio 2018, per linee generali analoghe. Secondo la tesi accusatoria i due professionisti avrebbero redatto false certificazioni mediche a beneficio di appartenenti al clan. E, in tal modo, avrebbero consentito loro d’intascare indennità di malattia ai danni dell’Inps. Salvatore Sanfilippo, in particolare, avrebbe firmato con «leggerezza» un certificato di esenzione dal lavoro a favore del nipote del boss della Stidda mazzarinese.
Così l’impresa che lo aveva assunto si sarebbe sgravata per un periodo dei costi che, invece, sarebbero ricaduti sull’Inps che avrebbe pagato l’indennità di malattia. Giuseppe Fanzone, invece, avrebbe firmato certificati di malattia a beneficio di un altro sospetto appartenente alla Stidda, indicandolo come inabile al lavoro per tre settimane. (di Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia)