Pubblicato il: 25/10/2014 alle 08:42
Fatture “gonfiate” per impianti d'intercettazioni video offerti in noleggio per indagini di polizia e procura. Èla contestazione che ha fatto scattare l'imputazione nei confronti del rappresentante legale della società «V. Techonologies», il quarantasettenne Vincenzo Sabato (assistito dagli avvocati Massimiliano Bellini e Marco Lannino). Nei suoi confronti il pm Stefano Luciani ha contestato l'ipotesi di truffa allo Stato. Perché – è il teorema accusatorio – “pompando” le fatture messe all'incasso avrebbe ingiustamente intascato poco di cinquantatremila euro, per l'esattezza 53.440, dal ministero della Giustizia.
A fare scattare l'indagine a carico dei vertici della società che opera nel campo delle intercettazioni sono stati tre appalti per l'esecuzione di due decreti di videosorveglianza. I primi due per la trasmissioni di immagini da sistemi installati a Montedoro e che dovevano trasferire il segnale all'aula bunker Malaspina; l'altro con immagini riprese da telecamere-spia sistemate a Chiaramonte Gulfi e da girare sempre alla stessa destinazione, il centro di raccolta delle intercettazione nella stessa aula bunker. Più in dettaglio, il primo impianto in contrada Soprapalo, attraverso quelli che tecnicamente vengono indicati come rilanci, consentiva di fare giungere le immagini a destinazione attraverso quattro ripetizioni di segnale: dalla sorgente di ripresa ad un palo che distava un centinaio di metri, da lì a Sutera, poi per monte San Giuliano e dal “Redentore” all'aula bunker. L'altra stazione trasmittente partiva sempre da Montedoro, questa volta in contrada Pietra per poi passare a Sutera, da lì a monte San Giuliano e ancora al bunker. Ultimo della serie, un sistema emittente a Chiaramonte Gulfi con sei rilanci di segnale passando per Comiso, Gela, Butera, Mazzarino, monte San Giuliano e, infine, l'aula bunker.