Pubblicato il: 24/12/2022 alle 12:40
(di Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) Spazzata via, d’un sol colpo, ogni ombra scesa su due medici. Con l’annullamento, ora definitivo, delle condanne che in appello erano piovute sul loro capo per l’ipotesi di concussione. L’ultimo passaggio in aula li ha totalmente riabilitati. Sotto l’albero di Natale è arrivata l’assoluzione per il direttore di medicina legale dell’Asp 2, il sessantacinquenne Vito Claudio Maria Milisenna (difeso dagli avvocati Grazia Volo e Dino Milazzo) e per il medico del pronto soccorso dell’ospedale «Sant’Elia», Maria Tumminelli (assistita dall'avvocato Diego Perricone). I due medici sono stati chiamati a rispondere di due ipotesi d’induzione indebita a dare o promettere utilità con l’aggravante di avere occultato un altro reato e, il solo dirigente dell’Asp, anche d’induzione in errore e la falsità ideologica in certificati commessa da persona esercente un servizio di pubblica necessità.
E adesso, la prima sezione della Cassazione, accogliendo le tesi difensive ha assolto Milisenna per le imputazioni principali «perché» il fatto non sussiste», mentre altri capi residuali erano già stati dichiarati prescritti e la Corte non è entrata nel merito. Altra assoluzione ormai in ghiaccio, senza rinvio, quella messa in carniere dal medico dell’astanteria Maria Tumminelli. La Suprema Corte, in sostanza, ha finito per confermare il giudizio di primo grado, quando entrambi i professionisti – nel gennaio di tre anni fa – sono stati assolti a fronte di richieste di condanna, avanzate dall’accusa, di sette anni e mezzo per il dirigente e due anni e due mesi per l’altro medico.
Poi, tanto la procura quanto la procura generale hanno impugnato quel pronunciamento. E in appello, poco più di un anno fa, la sentenza è stata totalmente ribaltata. Con la condanna a 4 anni e 6 mesi di carcere per il direttore di medicina legale e 2 anni e 2 mesi per l’altro medico. Mentre l’accusa ha insistito riproponendo le stesse pene chieste in primo grado dal pm. Ora la procura generale della Cassazione ha chiesto la conferma del pronunciamento di appello che aveva sancito la colpevolezza di entrambi. Ma alla fine gli «ermellini» hanno chiuso definitivamente il capitolo processuale assolvendo entrambi in maniera non più appellabile.
Così per quest’ultima pagine di una vicenda giudiziaria che ha preso le mosse da una presunta positività, al test alcolemico, della figlia del dirigente medico che la notte del 19 aprile del 2014 è stata fermata da una pattuglia di polizia che le ha contestato quella ipotesi. Poi la ragazza è stata assolta in primo grado e in appello i fatti sono stati dichiarati prescritti. In quel primo frangente, quando la giovane sarebbe risultata positiva all’alcol test – ma per la difesa la causa sarebbe stata da ricercare in un antinfiammatorio che aveva assunto poco prima – Milisenna, secondo la tesi accusatoria, si sarebbe presentato in ospedale. E lì, per i magistrati, avrebbe sostanzialmente operato pressioni sulla collega del pronto soccorso perché effettuasse prelievi di sangue a lui e alla figlia – e per l’accusa in questo passaggio non sarebbe stato osservato il regolamento ospedaliero – sostituendo poi le due provette. In maniera tale che la figlia non risultasse positiva. Questo lo scenario complessivo al centro della vicenda giudiziaria.