Pubblicato il: 18/12/2021 alle 11:13
Non è mai semplice essere profeti in patria. Neanche per un tecnico sportivo che, partendo dalla provincia, ha raggiunto il tetto del mondo. Dominando con le sue atlete l’evento sportivo internazionale dei cinque cerchi. Esperienza unica, non la sola vissuta da lui nella lunga carriera federale, che il direttore tecnico della nazionale italiana di atletica leggera paralimpica, Vincenzo Duminuco, ha condiviso con gli studenti del liceo classico “Ruggero Settimo”. Con al fianco il docente e suo grande amico, Liborio Giunta, compagno di mille avventure sportive in gioventù. «La sua è una mentalità proiettata fuori dal nostro confine, ma rimanendo dentro, senza mai uscirne» ha spiegato riferendosi allo stesso tecnico federale. «Un modello uscito dal proprio ambito e che s’impone… un esempio da seguire», hanno fatto da eco le osservazioni della dirigente scolastica Irene Cinzia Collerone guardando a «una scuola inserita in un processo d’inclusione attraverso lo sport… per superare, abbattere barriere e vincere i pregiudizi».
Duminuco, che dal Coni è stato pure premiato con la prestigiosa “Palma d’oro”, ha offerto ai ragazzi il suo ricco bagaglio umano e professionale. Un palmares da brividi, il suo. Ricordando con orgoglio i successi mietutati in passato dal plurimedagliato sancataldese Aldo Manganaro – da lui allenato e che ha segnato il record del mondo ad Atlanta ‘96 – e la recente tripletta azzurra alle paralimpiadi di Tokyo, con Ambra Sabatini che a 17 anni ha perso una gamba in un incidente stradale, Martina Caironi anch’ella seganat da un incidente e Monica Contrafatto che da militare, in un attentato in Afghanistan ha perso pure lei una gamba. Le tre “magnifiche” rispettivamente oro, argento e bronzo nella finale dei 100 metri piani. A fare da sottofondo le immagini delle imprese sportive di Manganaro che ad Atene 2004 ha pure conquistato titoli mondiali, la medaglia di bronzo nell’88 o l’oro di Barcellona ed a Sidney 2000 la vittoria nella 4×100. «Aldo è tra i più grandi atleti mai conosciuti», è il tributo di Duminuco.
Poi le magnifiche “tre moschiettiere” italiane, che hanno tinto d’azzurro il podio di Tokyo strappando pure qualche lacrima di gioia al presidente Luca Pancalli. «Piangeva durante la cerimonia di premiazione… il ricordo di quella cerimonia mi dà ancora i brividi», è il suo ricordo di quelle festa tutta Tricolore. E ancora le immagini di Simona Atzori bravissima ballerina, senza braccia, che scorrono nel silenzio più profondo della sala regalando sensazioni forti. «Una mentalità che va proiettata fuori dal nostro confine ma rimanendo dentro, senza mai uscire», ha osservato il direttore tecnico della nazionale italiana di atletica leggera paralimpica, guardando al mondo di chi è chiamato a misurarsi dovendo superare steccati. «Fornire il nostro aiuto è il nostro compito, ma va svolto con sensibilità e intelligenza… è un lavoro sottile, di psicologia, bisogna capire le persone e trasmettere messaggi in maniera corretta lavorando sempre con grande sensibilità», ha aggiunto.
E, ancora, la storia di Assunta Legnante, già atleta affermata quando la vita le ha tolto la vista e s’è riscoperta, da non vedente, nel lancio del peso. «Chi proviene dallo sport – ha osservato Duminuco dall’alto della sua esperienza – ha già una mentalità agonistica, è pronto a lottare per superare intanto sé stessi e poi gli avversari». E poi s’è soffermato su mille altre esperienze, regalando tante chicche e svelando dietro le quinte in un turbine di emozioni regalate agli studenti. «Il disabile ha dignità e capacità di pari livello… la presenza discreta di altri o oltrepassare un limite di ciò che manca utilizzando dell’altro segnano il passaggio importante è dalla disabilità alla diversabilità», è il messaggio di Duminuco ai ragazzi. Vincenzo Falci