Pubblicato il: 02/10/2021 alle 19:44
“Nell’ambito dell’epilessia sono tante le novità sia dal punto di vista diagnostico che dal punto di vista terapeutico. Nel primo caso la genetica ha dato un contributo formidabile consentendo di definire molte sindromi epilettiche in maniera più precisa e quindi anche di poter migliorare la qualità della vita delle persone. E sotto il secondo aspetto abbiamo farmaci che possono essere dati in maniera più specifica, migliorando il trattamento, considerando che dal punto di vista della risposta abbiamo ancora un 30% di persone con epilessia che sono resistenti ai farmaci”. A fare il punto sull’epilessia il neurologo Maurizio Elia, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neurologia e Neurofisiopatologia clinica e sperimentale all’Irccs Oasi Maria Ss. di Troina, intervenuto oggi a Caltanissetta, al congresso organizzato dal presidente regionale della Società Italiana di Neurologia Michele Vecchio.
“Ad alcuni pazienti – spiega Elia – diamo uno o più farmaci, spesso anche una decina in sequenza negli anni, e non riusciamo ad avere risultati nel controllare la crisi. A tal proposito negli ultimi anni sono stati approvati farmaci interessanti per le forme resistenti. Per esempio in Italia in agosto è stato autorizzato il cannabidiolo, che è un derivato della cannabis e ha un suo utilizzo in particolare per due sindromi epilettiche gravissime che sono farmaco-resistenti: la sindrome di Dravet e la sindrome di Lennox-Gastaut. E’ un farmaco incoraggiante perché si arriva a delle percentuali di successo che possono riguardare una riduzione mediana delle crisi del 40-50%. Il prossimo anno arriverà un farmaco che si chiama cenobamato, anche questo per le forme resistenti, in uso compassionevole, o pensiamo a un altro farmaco, non ancora arrivato, che si chiama Fintepa, ossia la fenfluramina, anche questa avrà indicazioni per forme gravi. Si tratta di farmaci molto costosi che nei paesi industrializzati riusciamo ad ottenere e provare, il problema è riuscire a riempire il gap con i paesi del terzo mondo”.
Ma cosa accade per l’altro 70% dei pazienti con epilessia? “Non si può parlare di guarigione completa ma di cura – spiega il neurologo – cioè si tratta di pazienti epilettici che riescono a tenere a bada la malattia con il farmaco. Ci sono epilessie in cui non si può sospendere il farmaco, mentre altre in cui riusciamo a farlo dopo 3 o 4 anni, e altre in cui non siamo sicuri che dopo quel periodo di tempo non tornino le crisi, dipende dalla sindrome. Nella maggior parte dei casi la resistenza al trattamento è legata alla differenza dell’eziologia della causa dell’epilessia. Ci sono epilessie, come la Dravet, che ha un gene alterato e dà un’epilessia intrattabile, così come altre dovute a malformazioni corticali che danno epilessie resistenti. Le cause influiscono dunque sul risultato della cura. Altre teorie fanno riferimento alla genetica, cioè ci possono essere ad esempio pattern genetici specifici di alcune proteine che potrebbero, come nell’oncologia, giustificare la farmacoresistenza”.
Il dottore Elia fa anche il punto su quando possono manifestarsi le crisi e su cosa fare quando ci si imbatte per la prima volta in una persona con epilessia. “Le crisi epilettiche possono manifestarsi a qualsiasi età, in neonati al primo anno di vita ma anche in età più avanzata. Questo dipende dalle cause. Ci sono crisi motorie e non motorie. Per esempio quella classica, che si manifesta con le tipiche scosse, è una crisi motoria generalizzata, altre crisi si manifestano in alcune parti del corpo. In genere l’esperienza della prima crisi è un’esperienza drammatica perché il familiare che non l’ha mai vista, prima di tutto, si chiede cosa sta accadendo. Sono molto utili le riprese con il telefono, ci aiutano molto per capire il tipo di crisi. E poi una volta in ambulatorio l’esame principe è l’elettroencefalogramma che nel 50% dei casi ci chiarisce le cose. Una volta chiarito che si tratta di epilessia, la risonanza magnetica ci aiuterà a capire la causa. A scuola, tra le famiglie, diciamo sempre che se una persona si imbatte in una crisi, quello che può fare, in attesa dei soccorsi, è mettere su un fianco il paziente, non inserire mani o altro in bocca, slacciare la camicia se è stretta, togliere eventuali occhiali e semplicemente aspettare che la crisi finisca”.