Pubblicato il: 05/11/2021 alle 18:21
“Quando arrivai nella casa di via San Cataldo, dove già era giunta una pattuglia dei carabinieri e l’ambulanza per la constatazione dell’omicidio, vidi il corpo di Adnan Siddique a terra in cucina. C’era un lago di sangue, presentava diverse ferite da taglio e un ematoma alla testa, segno che era stato colpito da un corpo contundente, presumibilmente una bottiglia di birra, visto che a terra era pieno di pezzi di vetro”. A raccontare la scena drammatica che si è presentata agli inquirenti, subito dopo l’omicidio del giovane pakistano Adnan Siddique è il maresciallo Attilio Granatelli, chiamato oggi a testimoniare in aula bunker nel processo che si celebra in corte d’Assise. Adnan Siddique è stato ucciso la sera del 3 giugno 2020 con 24 coltellate.
“La nostra pattuglia era intervenuta alle 23.40, la sera del 3 giugno 2020 – ha ripercorso Granatelli, della sezione operativa della compagnia dei carabinieri di Caltanissetta – dopo che era stata segnalata una rissa e la presenza di persone ferite. Due pakistani dissero ai carabinieri intervenuti che erano stati aggrediti da alcune persone che avevano poi aggredito Siddique che viveva al piano di sotto. In un primo tempo siamo stati indirizzati in un’abitazione di via Polizzi, dove ci dissero che probabilmente si trovavano gli aggressori. Ma non abbiamo trovato nessuno, poi siamo andati in via Fornaia dove abitava Mehdi Muhammad. Eravamo in divisa, in tanti, anche della polizia. Abbiamo citofonato, lui si è affacciato e quando abbiamo chiesto di aprire ha indugiato. Una volta entrati in casa ci siamo accorti che sul tavolo c’erano diverse bottiglie di birra e arachidi. Ritenuto ci fossero più persone, abbiamo cominciato a perquisire la casa trovando Muhammad Shoaib e Ali Shujaat. Su uno dei mobili della cucina c’era un coltello con una lama da 21 cm intrisa di sangue. Shoaib, che aveva una vistosa ferita alla mano, e Shujaat furono entrambi portati in ospedale e risultarono entrambi positivi alla cocaina. Il tasso di positività di cocaina di Shoaib era pari a 6.459 nanogrammi quando il valore di riferimento massimo è pari a 300 e un tasso alcolemico superiore al normale”.
Granatelli ha poi parlato di come si sono svolte le indagini nelle ore successive. “Dalla visione delle immagini del sistema di videosorveglianza si vede che i due tra le ore 22.14 e le 22.18, nell’arco di 4 minuti, erano entrati all’interno dello stabile condominiale e ne erano usciti di corsa. Nello specifico Ali Shujaat non aveva più la bottiglia di birra che aveva quando è entrato all’interno. Le immagini consentivano di individuare i due indagati. Sempre le immagini di videosorveglianza ci consentirono di individuare altre due persone, ancora sconosciute, che furono identificate in Mohammed Imran e Bilal Muhamad. Quella stessa notte dalle immediate attività di verifica emerse la circostanza che Bilal intratteneva una relazione sentimentale con una ragazza nissena Giada Giarratana. Ponemmo il telefono sotto intercettazione e durante questa attività, la mattina del 4 giugno alle 11.23 venne captata un’intercettazione telefonica. L’utenza era quella di Bilal Muhamad e all’esito di questa conversazione capimmo che in nottata si era recato a Canicattì nell’abitazione della fidanzata.
Dunque ci recammo sul posto e arrivò una voyager Crysler da cui scesero Bilal e Cheema Imran. Tentarono una fuga. Le scarpe presentavano tracce di sangue nelle suole, i vestiti erano gli stessi della sera prima. Nelle valige degli indumenti maschili piegati. Entrambi sono stati arrestati e condotti al carcere di Agrigento. Tra il 4 e il 5 ho provveduto a fare una ricerca negli archivi e ho verificato che alcuni cittadini pakistani, tra cui Adnan, avevano proposto una serie di denunce nei confronti di alcuni loro connazionali per tutta una serie di delitti consumati ai loro danni. A partire dal mese di settembre del 2019 per arrivare fino al 1 giugno del 2020 vennero riscontrate denunce di carattere penale a carico di queste persone. C’era una denuncia di Adnan Siddique nei confronti di Bilal per minaccia aggravata. Ne aveva fatta un’altra per furto aggravato all’interno della sua abitazione e da attività di indagine risultò che fu Shoaib. Nei confronti di quest’ultimo Siddique aveva fatto anche una denuncia per minaccia aggravata e aveva assistito alcuni suoi concittadini sempre nei confronti di Shoaib.
Una delle vittime aveva presentato denuncia per sequestro di persona. Ciò ci indusse a pensare che quanto era accaduto fosse legato alla presentazione di queste denunce anche perché qualche giorno prima dell’omicidio era stata fatta un’altra denuncia nei confronti di Shoaib per minacce. Durante l’attività di intercettazione venne intercettata una conversazione tra Bilal e un cittadino di nazionalità pakistana che lui chiamava Shei. Dal contenuto di quella conversazione emergevano degli elementi da cui si riteneva che anche questo soggetto fosse coinvolto nell’ambito dell’omicidio. Fu identificato un tale Sharjeel e pervenimmo a un fermo di indiziato di delitto. Sulla base delle intercettazioni rilevammo elementi utili per ritenere che materialmente avesse partecipato all’omicidio. Il 9 giugno ci siamo recati nella sua abitazione per eseguire il fermo. Sembrava che lo Sharjeel avesse occultato all’interno della sua abitazione oggetti utilizzati durante l’omicidio e in particolar modo una borsa contenente documenti identificativi di Shoaib e di Bilal. Durante il nostro intervento, alle 2 di notte, fu trovato sul letto vestito, con le scarpe, il cellulare acceso nella tasca del giubbotto e i documenti di identità nella tasca.
In cucina trovammo coltelli e cacciaviti completamente puliti, un cappellino che ritenevamo pertinente al reato e poi abbiamo esteso la perquisizione a un garage in via consultore Benintendi di proprietà del padre all’interno del quale, nascosto sotto a un recipiente d’acqua trovammo uno zaino con documenti di identità di Shoaib e Bilal. L’11 giugno presentammo alla procura la richiesta di fermo di indiziato di delitto di un altro pakistano Muhammad Nawaz. La sua vicenda prende spunto da una richiesta di intervento fatta la sera precedente presso la caserma dei carabinieri. Si presentarono due cittadini pakistani che riferirono circostanze dalle quali era possibile riscontrare condotte da parte di Nawaz riconducibili all’omicidio. La mattina successiva abbiamo convocato altri due cittadini che, rispetto ai due della sera prima, corroboravano il dato secondo cui anche Nawaz aveva partecipato alla spedizione nei confronti di Adnan Siddique”. La prossima udienza è fissata per il 28 gennaio.