Pubblicato il: 31/07/2024 alle 17:26
Una lunga traversata dalla Liberia fino alla Tunisia per poi approdare finalmente in Italia. In mezzo le botte in una prigione libica che lo avevano reso disabile e preda di dolori lancinanti. Ma alla fine sul suo cammino ha anche trovato persone generose fino all’incontro con il primario Massimo Siracusa che lo ha operato e adesso, dopo una lunga riabilitazione potrà tornare a camminare come i suoi coetanei. E’ la storia di Beja Cheki, un diciannovenne della Liberia che dopo lo sterminio della sua famiglia a opera di gruppi capitanati dalla sorella del padre per ottenere il loro terreno, ha deciso di fuggire dal suo Paese dove non vuole mai più tornare.
“Andare alla polizia sarebbe stato inutile – racconta dal letto dell’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta dove è stato operato – lì aiutano soltanto le persone ricche. Io lavoravo in un’officina, come meccanico e il titolare era una persona generosa. E’ stato lui che quando ha visto cosa era accaduto alla mia famiglia, mentre io ero ancora ferito, mi ha dato mille dollari per andare via. E così dopo aver preso un bus e aver attraversato il deserto sono arrivato in Algeria. Ma lì mi trattavano malissimo, per il colore della mia pelle. E allora ho continuato a scappare. Ho attraversato il confine, ho anche camminato per 3 giorni nel deserto e alla fine sono arrivato in Libia. Ma lì è stato anche peggio. Mi hanno messo in prigione dove sono stato per un anno. Chiedevano sempre soldi e ancora soldi. Mi picchiavano ogni giorno con il calcio del fucile e mi hanno rotto il femore. Quando mi hanno rilasciato camminavo su una gamba ma ho avuto la fortuna di incontrare un tunisino che generosamente mi ha accompagnato con la sua auto fino a farmi prendere un battello per raggiungere l’Italia”.
Ed è stato qui che una volta arrivato a Lampedusa è stato sottoposto a una radiografia da cui è emersa la brutta frattura riportata al femore. Poi grazie all’ufficio diocesano Migrantes di Caltanissetta che tra i suoi servizi annovera anche un centro di ascolto sanitario, curato dalla dottoressa Bice Domanti, oltre che servizi legali, di disbrigo pratiche, di inserimento lavorativo, e alfabetizzazione, Beja, che è ospite del Cara di Pian del Lago, è stato messo in contatto con il direttore dell’Unità Operativa Complessa di Ortopedia Massimo Siracusa che si è subito reso disponibile per operarlo.
“Dagli esami – spiega il primario Siracusa – emergeva un trauma non recente al femore sinistro, ovvero una frattura che non essendo stata minimamente trattata è guarita autonomamente con una gravissima deformità che ha determinato l’accorciamento dell’arto di 4 centimetri e un decubito sulla pelle di uno dei monconi di frattura. Questo determinava l’impossibilità a deambulare oltre che dolori importanti. Nel corso dell’intervento, che ho eseguito con il dottore Gabriele Gariffo, l’anestesista Filippo Paternò e tutto lo staff dei sanitari del blocco operatorio, abbiamo ripristinato la corretta lunghezza dell’arto e il corretto asse in maniera da poter garantire la capacità deambulatoria e fare in modo che questo ragazzo di 19 anni possa tornare a fare tutto ciò che ha voglia di fare come ogni suo coetaneo. Essenzialmente si è trattato di un intervento di osteotomia, ovvero si è riportato il femore alle condizioni di frattura precedente per poi ridurre correttamente i monconi di frattura e infine sintetizzarli con placche e viti”.
Un intervento durato un paio d’ore quello eseguito dal primario Siracusa e dalla sua equipe e adesso, entro tre mesi Beja tornerà a camminare normalmente. In questa gara di solidarietà per il giovane paziente liberiano è protagonista, oltre all’ufficio Migrantes diretto da Donatella D’Anna, anche la Caritas Diocesana che ha acquistato il tutore che servirà a Beja per il primo periodo dopo le dimissioni dall’ospedale. “L’Italia è un bellissimo Paese – dice Beja – la cosa che mi piace di più è la generosità della gente. All’ospedale sono tutti bravi e gentilissimi e il dottore Siracusa è una persona speciale, buona e professionale. Un paziente anziano che era nella mia stanza e che è stato operato prima di me – racconta Beja felice – il giorno in cui è stato dimesso mi ha regalato venti euro e del cibo insieme alla moglie. E’ stato un bellissimo gesto. Io sono cristiano e penso che la fede mi abbia aiutato a superare tutto questo. Recito la bibbia e il rosario e penso che venendo da una famiglia povera devo essere umile per farmi volere bene e rispettare dagli altri. Mi piacerebbe tanto lavorare come meccanico in un'officina, e poter continuare a fare il lavoro che facevo già nel mio paese e poi imparare l'italiano”. Durante l’intervista Beja, che oltre la sua lingua parla inglese e francese, augura anche buona fortuna al nuovo compagno di stanza che sta per operarsi e dal suo letto lo aiuta a sistemarsi il tutore.
Sempre grande il primario Dr Siracusa e in bocca al lupo al ragazzo❤️💪
Immagino che questa sia una notizia che debba far sperare ancge per cure di quaità per i cittadini italiani, o si tratta della solita propoganda ?
Sappiamo tutti in quali condizioni versa l’ospedale di Caltanissetta ed il livello di assitenza che viene fornita ai cittadini.
Non sarebbe più opportuno concentrarsi su questo ?
Si probabilmente farebbe meno notizia…