Pubblicato il: 31/07/2019 alle 14:07
Rischiava di morire per una crisi eclamptica, una grave patologia della gravidanza, potenzialmente letale, seppur rara, caratterizzata da convulsioni, ma alla fine ce l'ha fatta. Una donna nissena di 36 anni, alla trentatreesima settimana di gravidanza e il suo bambino, sono stati salvati dai medici dell’ospedale Sant’Elia che, con prontezza, sono riusciti a strappare alla morte mamma e bimbo. A trovare la donna riversa a terra e priva di sensi, ieri mattina, poco prima delle 10, era stato il padre di lei, allarmato dal fatto che la trentaseienne non rispondeva al telefono, neanche al marito. Subito la chiamata al 118, arrivato dopo pochissimi minuti, e la corsa disperata verso il pronto soccorso dell’ospedale Sant’Elia. Da qui il trasferimento al reparto di ginecologia dove la donna è stata colpita da una nuova crisi. “La paziente quando è arrivata in reparto accompagnata dai familiari – ha raccontato la ginecologa Michela Carrubba – era perfettamente lucida. Una volta sistemata sul lettino ginecologico (mi trovavo da sola perché l’infermiera si era allontanata) mi apprestavo a visitarla quando ha avuto una nuova crisi. Chiaramente quella che aveva avuto a casa non l’abbiamo vista, né i parenti hanno saputo riferire che tipo di crisi avesse avuto, perché quando aveva perso coscienza si trovava da sola. Eravamo dunque indecisi se potesse trattarsi di una crisi eclamptica oppure di una crisi epilettica. Nell’anamnesi della paziente non risultavano episodi di epilessia, non avevamo analisi. Abbiamo dunque assistito la paziente durante la crisi, che si è risolta, per poi preoccuparci immediatamente del bambino. Allorquando si verifichi una crisi di questa, infatti, il bambino può andare in sofferenza, sia per un eventuale distacco della placenta che per l’ossigenazione deficitaria dei tessuti materni. Abbiamo visto che il battito era presente ma non ci siamo fermati a questo. Ho voluto indagare circa le condizioni del benessere fetale e abbiamo fatto un tracciato cardiotocografico. Da quest’ultimo è emersa una sofferenza grave. Avevo già allertato il 118 per poter trasferire la paziente in una struttura ospedaliera dotata di Utin ma non ho potuto assolutamente operare in tal senso e ho disdetto tutto perché dovevo immediatamente operare la paziente, visto il tracciato che mostrava un’assenza totale di variabilità che è uno dei parametri più importanti che ci indica il benessere o malessere fetale. A questo punto abbiamo operato. Fortunatamente il neonato ha pianto subito, quindi fin dai primi momenti ci è apparsa una situazione ottimale, o quasi, perché teniamo presente che la gravidanza non era a termine, era a 33 settimane, e sappiamo che in questi casi a volte la maturità polmonare non è completa e quindi il bambino potrebbe avere reliquati di tipo neurologico. Però fortunatamente a distanza di 24 ore il bambino sta bene. Si trova all’ospedale di Agrigento dove è stato ricoverato per motivi precauzionali e da lì ci arrivano notizie assolutamente positive. La paziente l’abbiamo vista insieme al nostro direttore questa mattina. Le condizioni generali sono buone, il puerperio decorre in maniera fisiologica e nessun’altra crisi si è presentata. Restiamo comunque in allerta perché sappiamo che l’eclampsia può ripresentarsi in puerperio. E’ strettamente monitorata da qualsiasi punto di vista e quindi siamo contenti che questo caso si è risolto nel migliore dei modi”. A coadiuvare la dottoressa Carrubba in quei momenti difficili erano presenti anche il ginecologo Cesare Farulla, l’anestesista Salvatore Ferrigno e la pediatra Floriana Leone che hanno garantito i parametri vitali del piccolo per poi permettere il trasferimento ad Agrigento. Alla donna è stato praticato anche un massaggio cardiaco. Un caso, come sottolineato dalla stessa ginecologa, visto pochissime volte nella sua lunga carriera. “In 38 anni di carriera, tutta regolarmente svolta, senza nessun periodo lunghe assenze – sottolinea la dottoressa Carrubba – mi è capitato soltanto tre volte di assistere ad un caso simile. Quindi ribadisco una condizione molto grave ma per fortuna rara”. Il reparto guidato dal primario facente funzioni Lillo Salvaggio più volte ha dimostrato di essere pronto ad affrontare qualsiasi situazione di emergenza. “Come diceva la collega – spiega il dottore Salvaggio – sono patologie che vediamo raramente. Oggi le pazienti sono ben controllate anche da un punto di vista ostetrico. In gravidanza bisogna tenere sotto controllo la pressione e l’aumento di peso, stati che in rari casi possono condurre a eventi di questo tipo. Si è anche visto che casi di questo colpiscono per lo più pazienti o giovanissime o che partoriscono per la prima volta in età avanzata. Ciò non toglie che anche in età avanzata si può decidere di provare l’esperienza della maternità, tenendo sotto controllo il peso, perché l’aumento di peso in gravidanza diventa un fattore di rischio. Il nostro reparto in quest’ultimo periodo va molto bene. Si affrontano patologie serie e pur non avendo l’Utin riusciamo a risolvere e fronteggiarle. Abbiamo un’equipe di colleghi bravi, con una formazione elevata, che riescono a far fronte anche a casi di questo tipo. Stiamo puntando principalmente nel nostro reparto sull’accoglienza, questo anche grazie al nostro direttore generale Alessandro Caltagirone che ci è molto vicino, e sulla sicurezza. Abbiamo un medico di guardia, due medici reperibili, per cui, se si dovesse presentare una necessità, vi sono già tre o quattro persone pronte a fronteggiare l’emergenza”. (Nella foto i medici Lillo Salvaggio e Michela Carrubba)