Pubblicato il: 16/04/2024 alle 16:22
“Figura centrale di questo depistaggio è Arnaldo La Barbera. Mi auguro di non sentire affermazioni, da parte della difesa, sul fatto che si processano i morti, chi non è in grado di difendersi, sugli schizzi di fango, così come fatto in primo grado. Perché al di là delle frasi ad effetto mi piacerebbe capire cosa dovrebbe fare un pubblico ministero quando c'è l'ipotesi di un'azione delittuosa concorsuale nel momento in cui la figura centrale è deceduta.
Dovremmo archiviare anche per gli altri? E nemmeno si possono omettere tutte le argomentazioni che riguardano la figura centrale”. Lo ha detto il pm Maurizio Bonaccorso, applicato alla procura generale, iniziando la sua requisitoria nel processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D'Amelio che si celebra a Caltanissetta nei confronti dei poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Tutti ex appartenenti al gruppo di indagine Falcone-Borsellino con a capo Arnaldo La Barbera.
“Dobbiamo partire – ha continuato Bonaccorso – dalle risultanze su Arnaldo La Barbera che ci danno l'immagine di un soggetto che è un ponte tra due mondi, quello di Cosa Nostra e quello dei servizi deviati, entrambi interessati al mancato accertamento della verità. Alla scorsa udienza ho iniziato la requisitoria parlando dell'anomala collaborazione, per non dire inquietante, tra la procura di Caltanissetta e il Sisde nella fase preliminare delle indagini. Questa collaborazione nasce dall'ostinazione del dottore Tinebra, allora procuratore di Caltanissetta, che all'indomani della strage sollecitò una collaborazione con il Sisde. La cosa singolare è che l'attività del Sisde, anziché entrare in collisione con l'attività della Squadra Mobile di Palermo, si salda perfettamente con essa. Il Sisde veste di mafiosità Vincenzo Scarantino, che fino ad allora era stato un delinquente comune”. Vincenzo Scarantino era definito come un “picciotto” del quartiere della Guadagna che si occupava all'epoca di furtarelli e sigarette di contrabbando.
“Arnaldo La Barbera – ha aggiunto il Pm – era a libro paga dei Madonia”. “Il dottore Arnaldo La Barbera aveva un tenore di vita altissimo. Abbiamo accertato che Arnaldo La Barbera versava continuamente soldi sul suo conto corrente. In un anno circa 100 milioni di lire. Difficile credere che si potesse trattare di trasferte. Neanche avesse fatto il giro del mondo. Quello che è significativo sono le modalità in cui questo contante viene versato. Nel ’91 c’è un solo versamento di 8 milioni di lire, nel ’92 questa persona di colpo cambia abitudini rispetto alla sua attività bancaria e comincia a fare versamenti continui per importi davvero consistenti. Certamente non sono tutti proventi illeciti ma questo dato ci conferma quello che hanno detto i collaboratori Vito Galatolo e Francesco Onorato e cioè che La Barbera era a libro paga dei Madonia. Quindi abbiamo un personaggio ambiguo che da un lato viene costantemente finanziato dal Sisde. Dall’altra parte abbiamo i collaboratori che ci raccontano di un rapporto con la mafia”.
Sui rapporti tra La Barbera e la mafia il pm ha richiamato un episodio raccontato nel corso del processo da parte del collaboratore di giustizia Vito Galatolo. “Vicolo Pipitone – ha detto il pm – era il luogo dove si sono fatti i più importanti summit di mafia, dove venivano fatti omicidi. Da lì partivano anche i commando per uccidere. Il collaboratore di giustizia Vito Galatolo, chiamato a testimoniare durante questo processo, ci ha detto che vide Arnaldo La Barbera entrare in vicolo Pipitone in due episodi per incontrare suo zio Pino Galatolo che in quel periodo era ai domiciliari, e quindi non poteva uscire”.