Pubblicato il: 24/03/2022 alle 18:25
“La sentenza di condanna a carico del prefetto Francesca Cannizzo è una sentenza che va censurata a 360 gradi. Perché è frutto di un’approssimazione nella valutazione delle prove”. Lo ha detto l’avvocato Giuseppe Dacquì, legale insieme al collega Carmelo Peluso dell’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo, nel corso della sua arringa difensiva nel processo sul Sistema Saguto. Cannizzo, accusata di tentata concussione è stata condannata in primo grado a 3 anni di reclusione. “Secondo l’accusa – ha continuato Dacquì – Francesca Cannizzo, abusando della sua autorità, avrebbe costretto l’amministratore giudiziario Alessandro Scimeca a promettere indebitamente l’assunzione di Richard Scamacca. Costrizione che addirittura avrebbe portato lo Scimeca a fuggire per qualche giorno da Palermo e a non recarsi in tribunale per sfuggire a Silvana Saguto.
Al tribunale è sfuggito il rapporto intercorrente tra Silvana Saguto e Alessandro Scimeca, entrambi pubblici ufficiali, la prima come presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo, e Scimeca come amministratore giudiziario. Tra loro intercorreva un rapporto forte, intenso, intimo, familiare, amicale, tanto da invitarsi reciprocamente per gli eventi importanti delle loro famiglie. La sentenza è rimasta cieca a non accorgersi dei loro rapporti. Scimeca – ha continuato Dacquì – non è il Don Abbondio di turno e neanche il maggiordomo della Saguto. Non era il suo attendente. E’ un esperto professionista, amministratore di tante società sequestrate alla mafia. Maturo. Un soggetto che sicuramente era in grado di poter confrontarsi con la presidente Saguto. Sull’assunzione di Richard Scamacca ha detto “non si può fare e basta”. Non siamo in presenza di una promessa né solenne, né larvata, né implicita. Il loro rapporto era certamente paritario anzi, in un’ipotetica scala gerarchica, Scimeca era un gradino sopra Silvana Saguto. Il 28 giugno la Saguto abbondonerà l’idea e dirà che le dispiace per il prefetto, ma si riferisce al prefetto Scammacca”.
Scammacca è infatti il nipote dell’ex prefetto di Messina Stefano Scammacca. Sulla circostanza per cui fu l’ex prefetto Cannizzo a indicare il nome di Scamacca, Dacquì ha aggiunto: “Parliamo di amministrazioni giudiziarie che dovevano risanare l’ambiente di quelle società, non solo dal punto di vista economico, ma anche mettendo soggetti lontani dalla mafia. E quindi quando la segnalazione arriva da un prefetto è chiaro che va attenzionata. Ma poi mi chiedo quale interesse poteva avere la Cannizzo a essere insistente, che non lo è mai stata, o interessata a questa richiesta di assunzione? Qual era l’utilità che avrebbe ricavato dall’assunzione di Richard Scammacca? Il tribunale ha forzato sul punto pur di condividere acriticamente l’ipotesi accusatoria nei confronti del prefetto Cannizzo. La libertà di autodeterminazione di Scimeca è rimasta intatta, non è mai stata in dubbio, mai ristretta. Scimeca non ha mai assunto la posizione di vittima. E non è un caso che non si sia costituito parte civile in questo processo”.