Pubblicato il: 13/05/2014 alle 08:32
Rapporti con le cosche mafiose di Gela, episodi di corruzione e violazione del segreto investigativo. Uno scossone giudiziario colpisce la Benemerita con l'inchiesta antimafia condotta dalla sezione Anticrimine dei carabinieri del Ros di Caltanissetta che oggi hanno eseguito 9 provvedimenti cautelari emessi dal Gip del tribunale nisseno, su richiesta del pool della Dda. Un'inchiesta di cui ancora si sa ben poco ma che ha fatto finire in manette quattro carabinieri, tre dei quali in servizio e uno di loro accusato di concorso esterno in associazione mafiosa perché dal dossier sono emersi rapporti diretti con il clan capeggiato dal boss Peppe Alferi, detto ‘u Verru.
Soltanto uno dei 9 indagati è finito in carcere, sette agli arresti domiciliari e l'ultimo è stato imposto l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Al momento si sconoscono i nomi degli incriminati accusati a vario titolo di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, estorsione aggravata dalle finalità mafiose, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, rivelazione di segreto d’ufficio, accesso abusivo a sistema informatico, millantato credito, truffa ed altri delitti. Vige massima riservatezza negli ambienti dell'Arma di Caltanissetta per questa brutta pagina che infanga gli sforzi dei tanti carabinieri che ogni giorno garantiscono la sicurezza dei cittadini spesso a rischio della propria vita.
L'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta è stata affidata agli investigatori del Ros che ha riscontrato le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia un tempo legato alla cosca Alferi, che a Gela ha seminato il panico con attentati e furti e alla quale spesso si rivolgevano anche esponenti di Stidda e Cosa Nostra per compiere azioni di ritorsione verso gli imprenditori che si rifiutavano di pagare il pizzo. Durante l'inchiesta – che s'è avvalsa anche di intercettazioni – il Ros ha scoperto che quattro carabinieri erano coinvolti in questi affari sporchi.
In particolare, tra gli episodi accertati nel corso delle indagini, figurano attività estorsive consumate dal sodalizio ai danni di un imprenditore gelese;
l’attività di corruttela posta in essere dallo stesso imprenditore, anche lui coinvolto nel blitz per acquisire informazioni riservate, attraverso la visione di fascicoli d’ufficio e l’accesso abusivo alle banche dati. Non solo, ma anche attività di recupero crediti e di vigilanza ai beni aziendali, in cambio di favori ed utilità economiche o false dichiarazioni testimoniali e millantati crediti, nell’ambito di procedimenti penali inerenti incidenti stradali e vertenze di lavoro, per agevolare l’acquisizione di certificazioni amministrative presso gli uffici giudiziari locali.