Pubblicato il: 01/10/2013 alle 08:23
Ècon le botte e le minacce che avrebbero sequestrato un giovane steward costringendolo a scucire 5mila euro, fra cui in sterline. E aleggia l'ombra di Cosa Nostra dietro questo sequestro di persona. Retroscena che emergono dall'operazione Pecunia della Squadra Mobile nissena che oggi ha portato in carcere due nisseni: Antonino Marcello Ferraro, di 55 anni, ed Eros Bruzzaniti di 25 anni, indagati insieme al pentito Elia Di Gati e a C. N., di 27 anni nato a Ponte dell'Olio, per sequestro di persona ed estorsione aggravata dal favoreggiamento mafioso. Capi d'accusa che sono racchiusi nell'ordinanza firmata dal gip Francesco Lauricella e chiesta dai pubblici ministeri Stefano Luciani e Giovanni Di Leo.
Èstato il pentito Di Gati a riferire questo episodio, permettendo di individuare la vittima del sequestro che ha poi confermato le accuse collaborando con la Polizia e nonostante fossero già passati molti anni. Sarebbe stato Marco Angotti – tuttora sotto processo per l'affare delle slot machine gestito dalla mafia – a sapere che F. V. di 36 anni custodiva in casa contanti in valuta estera, dando l'imbeccata ai “ragazzi” che orbitavano nel gruppo mafioso, secondo la Dda nissena. Era il mese di settembre o ottobre del 2009.
Di Gati ed Eros Bruzzaniti, secondo la vittima, avrebbero gestito le fasi del sequestro, prelevando lo steward della Ryanair durante una festicciola e dopo avergli levato il portafoglio e l'auto, lo hanno portato in una sperduta campagna dove lo hanno preso a schiaffi e minacciato, vantandosi di appartenere a Cosa Nostra che pretendeva i quattrini. Sarebbe stato C. N., a fare uno squillo al telefonino di Di Gati per fargli sapere che la vittima era in casa dell'amico durante il party da dove venne prelevato con la forza.
Terrorizzato, F. V. è stato portato a casa da Di Gati e Bruzzaniti, uno dei quali è salito in auto con lui mentre l'altro lo seguiva da dietro, per fargli consegnare i soldi come riscatto della sua liberazione, trattenendo le chiavi della sua auto per impedirgli di scappare.
Quella notte però F. V. è riuscito a barricarsi in casa sua dov'era salito da solo, spiegando a Di Gati e a Bruzzaniti che a casa c'era la madre malata e che era meglio non disturbare. Per ore lo steward
non cedette alle pesanti minacce che gli venivano indirizzate dai sequestratori rimasti giù e che, oltre a ingiuriarlo, minacciavano pure di dare fuoco alla sua auto.
L'indomani mattina, secondo la testimonianza della vittima resa agli inquirenti, sarebbe entrato in gioco Ferraro, detto Nino ‘u formaggiaro che recentemente al processo Redde Rationem è stato assolto dall'accusa di far parte della famiglia mafiosa di Caltanissetta. Il commerciante sarebbe intervenuto costringendo la vittima a cedere al ricatto e in quel caso avrebbe partecipato alla spartizione del bottino. Nino Ferraro, infatti, oltre a farsi consegnare un computer portatile Asus da 13 pollici da dare al figlio. La Squadra Mobile ha avuto difficoltà a rintracciare la persona sequestrata, perché Elia Di Gati non conosceva il nome eccetto che l'ingiuria, ossia “Parrinu”, perchè in passato la vittima aveva frequentato il seminario. Da lì è nata l'inchiesta che ha permesso di individuare gli altri partecipanti alla festa, che sono stati interrogati dai poliziotti e hanno confermato le accuse.