Pubblicato il: 04/03/2024 alle 08:39
Per il sesto incontro del ciclo “FuturaLab”, organizzato dall’associazione “Futura – costruiamo insieme la città”, il tema che si tratterà è: “Centro storico di Caltanissetta: quale futuro?”, e si terrà Mercoledì prossimo 6 Marzo alle ore 17.30 nella sede di Futura n Via Redentore n.73 a Caltanissetta. Ultimamente alcuni parlano di “urbanicidio” a proposito del declino di molti centri storici italiani. Il centro storico di una città e la sua salvaguardia e rivitalizzazione, è sempre in cima ai pensieri e ai programmi delle istituzioni specie quando ci si avvia ad una nuova tornata elettorale comunale. Poi la preoccupazione scivola via e l’urgenza si accatasta insieme ad altre pseudo priorità.
Con questo sesto incontro del ciclo “FuturaLab”, si vuole provare a capire i reali motivi dei problemi dei centri storici cittadini, ed in particolare di quello di Caltanissetta, iniziando con l’analisi dell’origine, della legislazione e delle prospettive di valorizzazione dei centri storici e artistici in Italia, per arrivare ad esaminare gli aspetti storici e culturali e gli strumenti urbanistici del caso di Caltanissetta, mettendoli a confronto anche con centri storici geograficamente a noi vicini come quello di Enna.
Oltre ai quattro relatori: l’arch. Pierluigi Campione, PhD in Urbanistica , l’arch. Giovanni Contino, ex assessore al centro storico del Comune di Enna, l’arch. Giancarlo La Rocca, dirigente del PD di Caltanissetta, il prof. Leandro Janni, presidente regionale di Italia Nostra Sicilia, interverranno anche i rappresentanti di tre comitati di quartiere del centro storico di Caltanissetta: Marcello Bellomo del Comitato di Quartiere San Francesco/Stazzone, Giacomo Tuccio del Comitato di Quartiere Santa Croce/Badia, Marco D’Arma del Comitato di Quartiere Sam Giuseppe/Provvidenza, ed anche Davide Volo, operatore economico in centro storico, e Luca Micciché, presidente della Pro Loco di Caltanissetta che gestisce l’info point turistico in centro storico.
Sono previsti e auspicati gli interventi di tutti i cittadini che vorranno partecipare all’incontro.
Evento su Facebook: https://fb.me/e/4VCGq5G5U
Indichiamo di seguito alcuni spunti di riflessione sul problema dei centri storici italiani, tratti da alcuni articoli:
Dal sito internet L’Azione – Settimanale d’informazione della Diocesi Fabriano-Matelica:
Centri storici in estinzione? (05/10/2019 – di Carlo Cammoranesi):
“… Eppure I centri storici oggi più che mai sono i custodi di una memoria del costruire ormai del tutto scomparsa. La capacità di ogni centro di crescere su se stesso, ci restituisce una stratigrafia storico – architettonica delle diverse epoche, così accade che accanto o addirittura sullo stesso edificio si possano riscontrare elementi tipici medioevali perfettamente integrati con elementi barocchi o ancora che influssi provenienti da diverse culture si fondano in un’unica struttura architettonica.
La ricchezza culturale che un centro storico offre è certamente da tutelare, ponendo particolare attenzione agli interventi che in esso si vanno a realizzare, avendo anche il coraggio di soluzioni “moderne” che però si muovano nel rispetto della storia e quindi dell’edificio in quanto custode di quest’ultima. Negli ultimi decenni hanno subito, e continuano a subire, un preoccupante spopolamento, graduale, quasi impercettibile, ma continuo, mentre meritano di essere valorizzati perché hanno tutte le potenzialità per divenire una fonte di ricchezza per i Comuni che hanno la capacità di investire correttamente in essi …
… recuperando quella capacità di fare comunità che proprio la lamentela e la recriminazione tendono a minare. Sono necessarie politiche concrete per favorire la residenzialità, sono indispensabili adeguati parcheggi per non penalizzare chi vive nel cuore cittadino.
… riqualificare un centro storico significa recuperare una identità culturale che altrimenti andrebbe persa, identità culturale che messa in “rete” con i centri limitrofi può divenire motore di crescita turistica, …
Gli spazi esistono solo se ci sono gli uomini. E il problema dei centri storici, non solo in Italia ma ovunque, è che spesso non ci sono più gli uomini che ci vivono, ma solo uomini che li usano, che li sfruttano. In base a tale pensiero, troppe volte il centro storico si riduce ad una scenografia teatrale e, chiuse le attività, si svuota e si degrada (tipicamente nelle ore serali e notturne).
La sfida di chi amministra centri storici è coniugarne la tutela con la necessità di costruire spazi dove gli uomini possano vivere in maniera armoniosa, soddisfacendo i loro desideri e bisogni. Sostenere attività a dimensione d’uomo, rivitalizzare i centri storici e garantire servizi diffusi sul territorio sono priorità di una battaglia non difensiva, ma tesa ad affermare un modello di sostenibilità in cui bisogna credere e che si incarna proprio nei nostri centri. II centro storico non è solo una città di pietra, di vestigia, di monumenti, ma una città delle relazioni e dell’uomo: qualcosa di vivo dove dobbiamo essere impegnati a continuare a far vivere.”
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Dall’articolo/intervista di Bruno Viani a Massimo Naro del quotidiano Il Secolo XIX del 9 Febbraio 2024:
“… nelle nostre città, piccole e grandi, anche qui in Italia, i centri storici, che fino a pochi decenni fa erano come dei salotti bene, si sono tramutati in periferie degradate.”
Domanda del giornalista: Periferie non in senso geografico, ma periferie sociali?
“In molti casi si, non è un caso che proprio nei centri storici si rifugino gli ultimi e gli scartati del nostro sistema sociale, assieme a molti altri poveri arrivati sulla scia delle grandi migrazioni di questi ultimi anni. Persistono, certamente, le banlieue novecentesche, i grandi quartieri-dormitorio periferici. Ma sempre più frequentemente i disagi tipici di quelle periferie classiche, penso alle borgate romane raccontate da Pasolini, si sono contagiati ai centri storici. Spazi disertati da chi li abitava sino a pochi anni fa e ormai popolati da persone sradicate e spaesate che spesso devono subire, oltre che la sofferenza di aver dovuto lasciare la loro patria d origine, anche quella di non essere accettati e accolti. Queste periferie geografiche, ma anche esistenziali, si possono considerare un impegno missionario per le Chiese europee.”