Il tribunale di Caltanissetta presieduto dal giudice Francesco D’Arrigo, nel corso dell’udienza di questa mattina sul sistema Montante, ha emesso sentenza di prescrizione per il presidente della Regione Renato Schifani, difeso dagli avvocati Roberto Tricoli e Sonia Costa, relativamente ai reati di concorso esterno in associazione a delinquere e rivelazione di segreti d’ufficio. Schifani ha accettato la prescrizione. Reati prescritti anche per il professore Angelo Cuva e per il caporeparto dell'Aisi Andrea Cavacece.
“Il nostro cliente si è sempre dichiarato totalmente estraneo ai fatti addebitatigli, non avendo mai avuto rapporti con Antonello Montante, così come palesemente risulta dagli atti processuali”. Lo dicono gli avvocati Roberto Tricoli, Sonia Costa e Massimiliano Miceli, legali del presidente della Regione Renato Schifani a margine della sentenza di prescrizione dei reati di questa mattina come imputato nel processo sul Sistema Montante.
“Il nostro assistito – continuano i legali – a riprova della sua totale estraneità ai fatti, aveva chiesto di essere giudicato con rito immediato per potere ottenere celere conferma della sua innocenza dall’Autorità Giudiziaria del Tribunale di Caltanissetta. Tale istanza veniva accolta, tanto che il cinque dicembre del lontano 2018 si è celebrata la prima udienza del processo, ma, in quell’occasione, la Procura di Caltanissetta, con la condivisione del Collegio Giudicante, chiedeva la riunione del processo attivato con il rito speciale al troncone principale da tenersi con il rito ordinario nel quale risultavano imputati quindici persone, oggi trenta, a causa della successiva riunione con altro procedimento, i cui tempi si sono ampiamente dilatati”.
“Il nostro assistito – continuano gli avvocati – pur potendo addurre varie ragioni di carattere sanitario (intervento al cuore) ed elettorali (regionali del 2022), non ha mai chiesto la sospensione del processo per legittimo impedimento, al fine di evitare la paralisi dello stesso ed il danno conseguente a carico degli altri imputati aventi diritto alla celebrazione in giudizio entro ragionevoli tempi, così come sancito dall’Art. 111 della Costituzione. Proprio sulla base di questo sacrosanto principio, il nostro assistito ha condiviso con i difensori di non potere non prendere atto della decisione del Tribunale. Tutto ciò – concludono i legali – dopo avere ampiamente dimostrato di non volersi sottrarre al giudizio del Tribunale con la richiesta di essere giudicato immediatamente, tenuto conto, peraltro, che la posizione del nostro assistito non è stata, ad oggi, neppure sfiorata nel corso della istruttoria dibattimentale”.